Home CRONACA Salvataggio riuscito: forza “Rivöi”, vola alto (e regalaci tanti piccoli)

Salvataggio riuscito: forza “Rivöi”, vola alto (e regalaci tanti piccoli)

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Alle nostre latitudini, raro se non rarissimo ormai (una ventina di coppie in Ticino, facciamo 50 in Svizzera, e già si va in stima non prudenziale), causa primaria la scomparsa dell’“habitat” naturale; e diventa allora un doppio motivo di soddisfazione, in particolare per gli ornitologi della “Ficedula” che tale uccello hanno avuto in cura, il poter ora restituire alla libertà – e perfettamente risanato – un bell’esemplare di caprimulgo europeo, più comunemente noto come succiacapre. Succiacapre: bisogna ammetterlo, con questo volatile la nomenclatura non è stata generosa. Ma poco conta, si porta con fierezza l’identità che si ha e non quella che ci è stata imposta, e ciò dovrebbe valere anche per l’uccello, piccolo o grande che sia.

Due settimane, nella storia personale del caprimulgo di cui trattasi (che, per dire giust’appunto delle dimensioni, vale e pesa all’incirca come un merlo), sono state determinanti. Raccontiamo dall’inizio, ossia dal momento – e siamo alla notte tra mercoledì 10 e giovedì 11 giugno – in cui due giovani, di rientro verso casa lungo la Cantonale della Valle di Blenio, trovano e raccolgono un uccello “bagnato, intirizzito ed in stato di ipotermia”, come da descrizione di Roberto Lardelli dalla casa madre della sempre meritoria “Ficedula”; segue contatto con gli esperti del gruppo, segue identificazione quale soggetto maschio, segue presa in consegna con tutta la delicatezza che il caso e l’esperienza impongono. Il succiacapre è tra l’altro al centro di un progetto conservativo di lungo termine (l’“incipit” nel 2007) condotto dai ficeduliani in accordo con i vertici della “Birdlife Svizzera” e concepito sulla base del ripristino del contesto in cui questa specie ha facoltà di nidificare (in elementare descrizione, servono boschi radi siti in media montagna, ben esposti al sole e ricchi di affioramenti rocciosi. Come dite, perché serve quel particolare tipo di flora? Ah, giusto: per garantire al caprimulgo la mimetizzazione. Anche a distanza di 100 metri, il caprimulgo in stasi sul terreno vi sembrerà un sasso, e quello fermo sul ramo somiglierà ad uno spuntone).

Prime cure emergenziali, esemplare all’esame del veterinario Boris Pfänder, giusta la constatazione: animale disidratato e denutrito, con buona probabilità a causa del maltempo nelle notti precedenti (il succiacapre è crespuscolare, non in senso lirico ma per abitudini) e dell’impossibilità di andare a caccia delle falene, principale pietanza in un’alimentazione invero non molto varia (lepidotteri in serie, anche i coleotteri qualora vi sia opportunità, tutto lì). Poi la riabilitazione, tradotta nell’indurre il volatile a riprendere le forze: “Stato di forma in miglioramento costante, negli ultimi giorni letteralmente scalpitava in attesa di poter dispiegare nuovamente le ali”, racconta Roberto Lardelli. Non prima di un battesimo ufficiale con il nome “Rivöi” che sta per “Olivone”, rilascio nello stesso luogo in cui l’uccello era stato trovato. Buona fortuna, buon viaggio, ma soprattutto buona permanenza…

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