Home LUOGHI & SAPORI Tradizione ed innovazione, al “Grotto Cavalli da Benny” segnano la via

Tradizione ed innovazione, al “Grotto Cavalli da Benny” segnano la via

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Quattro le regole per la scelta di un vero grotto: identità ovvero specificità, luogo, storia e… carta. Non basta l’essere addossati al costone di una montagna, non basta l’avere un tavolo in sasso appena fuori dall’uscio; e non basta nemmeno il dichiarare di volersi rifare alla tradizione ed ai gusti d’un tempo, come se questa pretesa di richiamo alle origini costituisse un “atout” quand’invece essa maschera spesso una mancanza di volontà o, peggio, l’incapacità di garantire al cliente l’incontro tra passato e presente. Tema, questo, su cui conviene Mauro Piccirilli, dal 2017 titolare del “Grotto Cavalli da Benny” in Terre di Pedemonte frazione Verscio e da un quarto di secolo esatto – il che significa metà della sua vita, con una sola breve pausa e con una sola escursione in attività affine – nel micromacrocosmo della ristorazione: “Considera anche soltanto – è il messaggio – la questione della peculiarità; se hai un grotto non puoi ignorare i piatti tipici della tradizione ticinese, ovviamente avendo e chiedendo il rispetto per la stagionalità, e devi impegnarti per mettere sul piatto quella “normalità” che è eccellenza; ma qualcuno pensa davvero che di soli certi prodotti si possa vivere? Il cliente stesso, per quanto ben orientato a cercare il formaggino ed il risotto e la torta di pane, dopo un po’ pretende di allargare l’orizzonte”. E, in questo senso, di trovare la sorpresa, la prova di una capacità inventiva, la testimonianza tangibile di un colpo di fantasia che attinga dal pozzo dell’originalità.

La racconta così, senza pretese e quasi senza parere, Mauro Piccirilli: “Tempo addietro introdussi la costata ad osso lungo. Un’esclusiva, ma come esclusiva durò poco nel senso che parecchi vollero copiare tale idea. Oh, poco male, ci si ingegna. Quest’anno sto per lanciare la carne spagnola, ricca, “todo el sabor”, trattamento in filiera stragarantita e straselezionata. E se mi si domanda dove sarò fra cinque anni, io dico qui – in fondo, io e la mia compagna abbiamo ripreso questa attività da poco, e la gestione è esattamente quella propria di un grotto, cioè familiare – e con almeno cinque idee partorite una per ciascun inverno e realizzate ad ogni primavera”. Identica la tensione ideale: “Nel mio spirito c’è il fare cose che nessuno fa. Partiamo dal concetto stesso di “grotto”: dal momento che siamo aperti per tutto l’anno, io vivo immerso per 365 giorni su 365 in una dimensione che prima di tutto affascina me. Qui si respira storia, abbiamo trovato tracce dell’esistenza dell’odierno “Grotto Cavalli da Benny” sin dal 1830, le prime foto sono del 1880 circa, mettiti in questa logica del sapere che su questi gradini, o sui gradini che c’erano prima di questi gradini, sono passate migliaia di persone per un boccone e per un bicchier di vino e per una parola. Dovrebbe bastare questo per indurti e per darti la spinta a mutuare quanto i muri del grotto raccontano e ad andare alla ricerca del nuovo-ma-coerente che si integri con il vecchio-ma-presente”. Quel che ha fatto e che fa Mauro Piccirilli: dall’accordo con i titolari di un agriturismo e con alcuni produttori locali sono venuti fuori i buscioni e le formaggelle di capra, in montagna si trova la mozzarella ticinese, gli orti danno anche e soprattutto quel che non figura nell’assortimento di un supermercato. Quanto all’ambiente: dentro, si tocca con mano la potenza evocativa del grotto, una quarantina i posti in due sale, giusto equilibrio tra contatto umano e discrezione; fuori, con la stagione estiva, altri 60 coperti e cucina “a vista”, in esterno giorno, direbbe un cineasta, comodità, occhio lungo sul posteggio di proprietà per auto e bici.

“Vexata quaestio” eppure di stretta attualità, infine, quella sulla cantina: c’è chi afferma che nella ristorazione ticinese non si fa abbastanza per sostenere la vendita della produzione enologica di Sopraceneri e Sottoceneri e c’è chi respinge tale asserzione persino con toni accesi. La verità, nel mezzo? Al “Grotto Cavalli da Benny” hanno una risposta terza, e che viene proprio dalla carriera di Mauro Piccirilli: “Ad un certo punto della mia attività come ristoratore ho avvertito l’esigenza di un approfondimento, di uno sviluppo, di una sorta di formazione… corrente. C’era l’opportunità di inserirsi nel ramo del commercio di prodotti enologici, mi ci buttai a corpo morto per imparare – si impara sempre, in questo mondo – e per acquisire esperienze. Sei anni di questo lavoro, sei anni di tappi e di bottiglie e di botti e di referenze assaggiate e conosciute ed interpretate, sei anni così ti offrono una clamorosa percezione di quel che il vino è e deve essere. Dirò meglio, e mi correggo: più che clamorosa, diversa. Da ristoratore, oggi, non c’è proprio rischio di un accostamento improprio o di un consiglio mal dato”. Nemmeno per motivi di interesse? “Men che mai. Il cliente è buono quando entra per la prima volta da te, ma diventa ottimo (e quanti, da noi, sono i “fidelizzati”…) se torna per la seconda volta e porta un amico…”.

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