Home POLITICA Riapertura “forzata” delle scuole, leghisti all’attacco del Decs

Riapertura “forzata” delle scuole, leghisti all’attacco del Decs

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Va bene, vi è chi – dall’alto della funzione elettiva (e, per sua natura, transitoria) quale consigliere di Stato – sostiene che lunedì 11 maggio è data imprescindibile per la riapertura delle scuole dell’obbligo quale atto della “fase due” covidiana e con obbligo di scuola “in praesentia”; e si direbbe che, per ogni parola pronunciata da Manuele Bertoli direttore del Dipartimento cantonale educazione-cultura-sport, ve ne siano state due in commento e critica. Frontale, ed in apparente ripresa di numerose tra le obiezioni espresse nell’immediato su queste pagine, l’interpellanza inoltrata stamane dal granconsigliere Boris Bignasca a nome dell’intero gruppo granconsiliare leghista, punto focale la sicurezza sanitaria di allievi, famiglie, docenti e addetti scolastici, su obiezioni legate a spazi, luoghi, tempi, trasporti, organizzazione, gestione, funzionalità e soprattutto utilità di un simile intervento a piedi uniti sulle caviglie di insegnanti, personale, genitori e figli per un totale di “13 giorni nelle elementari e sei nelle medie”, forse e senza forse quel che non avrà incidenza significativa nel percorso scolastico degli allievi. Fra gli aspetti considerati, l’assenza di tesi univoche nel mondo scientifico, le critiche giunte dall’interno dello stesso sistema scolastico e la percezione – prevalentemente negativa – da parte della comunità ticinese. Da qui vari interrogativi, ed in ispecie: a) se l’autorità politica cantonale possa “garantire che bambini e ragazzi sono poco o per nulla contagiosi e non giocano un ruolo nella catena di trasmissione del virus”; b) sulla scorta di quali criteri, nel contesto della ponderazione del rischio (ponderazione “indispensabile nella delicata fase delle riaperture”), siano stati “valutati positivamente” il mobilitare ed il mettere in relazione decine di migliaia di persone” per assicurare 13 giorni di scuola elementare oppure sei di scuola media per ciascun allievo; c) se l’autorità politica cantonale consideri giusto il fatto che docenti e responsabili delle sedi scolastiche siano costretti “ad assumersi rischi tanto elevati per la salute pubblica”, dal momento che, secondo il testo dell’ordinanza dipartimentale, “sui singoli istituti viene scaricata gran parte della responsabilità organizzativa”; d) quale risposta sia data ai docenti di scuola media da cui il modello proposto (poche presenze, ed a singhiozzo) viene criticato in quanto inutile e controproducente ai fini didattici, e sulla base di quali elementi “l’opinione critica dei direttori delle scuole medie”, oltre che di esperti e di insegnanti, non è stata tenuta in considerazione.

Non basta. A sapersi, per esempio, su chi ricada (Comuni o Cantone) l’obbligo di tutela della salute dei dipendenti per quanto riguarda le scuole elementari e le scuole dell’infanzia, e quali provvedimenti – in chiave di quarantena ed altro – sarebbero adottati (“Per l’intera classe? Per l’intero istituto?”) nel caso un docente o un allievo risultasse positivo al Covid-19; e se davvero sia considerato “realistico” il porre in atto con efficienza un modello “complicatissimo”, e la cui preparazione avrebbe luogo nello spazio di pohi giorni, e per di più dovendosi e pretendendosi di verificarne l’efficacia sulla scorta di 13 giorni alle elementari e di sei giorni alle medie; e come, a tutela della salute di ragazzi ed addetti, si intenda organizzare il trasporto scolastico durante questa fase.

Post scriptum – Ci saranno sicuramente risposte. Utili solo se immediate, tuttavia.