Home CRONACA Italiano, quo vadis? / Amato vescovo, “prosperosa” sia la tua opera

Italiano, quo vadis? / Amato vescovo, “prosperosa” sia la tua opera

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D’otto brevi e quasi catafratti paragrafi si compone il testo pubblicato da monsignor Alain de Raemy, quale amministratore apostolico della Diocesi di Lugano, in occasione del Primo agosto; quasi ricalcando il Menenio Agrippa che due millenni e mezzo or sono seppe essere mediatore tra plebei e patrizi con un noto apologo, il presule ha voluto porre un accento sull’essere necessario ogni parte del corpo – qui, il corpo della Chiesa – per il funzionamento della Chiesa stessa. Con totale sincerità, al vescovo si riconoscono una conoscenza dell’italiano dalla rara qualità tra i madrelingua francofoni; sicché un po’ ha colpito colpisce l’uso dell’aggettivo “prosperoso”, proprio nell’“incipit” del discorso (“Abigtiamo un Paese prosperoso”), per definire la Svizzera quale entità nazionale. Espressioni simili, nulla che finisca sotto il segno della matita blu, s’intenda, ancorché leggerissima preferenza in tal senso meriti “prospero”. Anche per via del fatto – ci perdoni e ci assolva per l’impudenza, Eccellenza reverendissima – che una Svizzera “prosperosa”, ecco, fa venire in mente la Maria Antonietta Beluzzi dell’“Amarcord” felliniano…