Home CRONACA Tresa frazione Monteggio, sventata rapina. Quattro in manette, uno era già ricercato

Tresa frazione Monteggio, sventata rapina. Quattro in manette, uno era già ricercato

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Stesso luogo, stessa strategia preparatoria, stessa modalità da batteria d’assalto. E, quasi da non crederci, con un attore che si è ripresentato sulla scena a distanza di due anni e mezzo circa, pur dovendo egli presumere di essere tuttora ricercato come in effetti era (mandato di cattura dalla magistratura ticinese, giust’appunto), con l’intento di ripetere l’impresa. Ad una rapina in grande stile – bersaglio ignoto o non reso noto: veicolo portavalori, stazione di servizio, ufficio-cambio, banca? Si propenderebbe per la prima ipotesi – stavano puntando i quattro criminali finiti in manette ieri, giovedì 9 dicembre, in territorio comunale di Tresa frazione Monteggio località Molinazzo, dove erano giunti presumibilmente da uno dei punti di valico sul Varesotto e dove tutto si aspettavano tranne che l’essere stati preceduti di due passi, facciamo pure tre o quattro, e dunque attesi e circondati da ogni genere di forze dell’ordine. “Intervento mirato e veloce da parte di agenti del Ris”, fa sapere il portavoce del ministero pubblico, intendendo che effettivi dei Reparti speciali erano sul “Chi vive” e difatti sono riusciti a chiudere l’operazione in una manciata di secondi, spalleggiati peraltro da agenti della Gendarmeria e della Polgiudiziaria. Sceneggiatura semplice semplice: auto ferma in un parcheggio, armi di precisione che spuntano dai quattro angoli e dietro a ciascuna arma c’è un uomo in assetto alla devasto, all’interno dell’abitacolo nemmeno il tempo di lasciar spazio ad un prodromo di velleità di reazione. Che non vi è stata, difatti: in quattro erano a bordo, in quattro sono stati messi fuori bordo, ammanettati, caricati sul furgone e portati via per quanto poi di competenza della magistratura.

Nemmeno si sta a sottolineare che l’intercettazione del quartetto è frutto di accurato lavoro di indagine cui hanno cooperato anche specialisti dell’Amministrazione federale delle dogane e che, per farla breve, sull’asse tra Svizzera ed Italia è stato condotto un adeguato lavoro di coordinamento sicché i tizi erano sotto osservazione – categoria: un faretto puntato su ciascuna testa – sin dall’ultima sosta in landa di Tricoloria, cioè quando agli inquirenti è risultato chiaro che stava per scattare la fase di approccio alla rapina. Quattro individui, tutti pregiudicati, su un’auto con targhe italiane e di cui era stato denunciato il furto: via, sono cose da malavita Anni ’70, tanto di più se passi una frontiera e pretendi poi di esfiltrare verso il Paese di origine, come si suppone fosse nei programmi. Al momento dell’identificazione, i soggetti sono risultati essere un 68enne, un 59enne, un 58enne ed un 53enne, tutti italiani residenti in Italia, tutti per l’appunto con fedina penale compilata variamente per temi delittuosi ed a più grafie; il 53enne, per l’appunto, mancava all’appello dal tempo della rapina (bottino: 3.2 milioni di franchi) di venerdì 5 luglio 2019 ad un portavalori fresco di carico alla “Raiffeisen” in Molinazzo, nel senso che gli altri tre complici erano stati poi presi e questo tizio, invece, no. Vicenda degnissima per cronaca e storia, quella della rapina a suo tempo riuscita: non solo il conducente del veicolo fu costretto a guidare sino al cuore della Valceresio, nei boschi attorno ad Arcisate, ma i rapinatori se la svignarono lasciando solo parte dei soldi; il guidatore fu trovato all’interno del mezzo; un 47enne, un 41enne ed un 64enne vennero poi presi in situazioni distinte (il più anziano, addirittura, in Polonia) e condannati, del quarto partecipante (il 53enne ora in manette) non si seppe più nulla così come di due altri complici in fiancheggiamento.

Così come il grande prestigiatore non ripete mai per due volte un identico numero davanti al medesimo pubblico, il malvivente compartecipe al primo colpo ed al tentato secondo colpo avrebbe dovuto sapere che non è mai buona idea il ritentarci, nemmeno se nel caso precedente sei stato assistito dalla fortuna (e ne avevano avuta in quantità industriali, gli autori della rapina di venerdì 5 luglio 2019). Al momento della perquisizione dell’auto, cioè appena messo al sicuro e senza danni l’interno quartetto, ecco comparire armi, passamontagna, guanti in lattice e fascette in plastica: in linea di massima, dunque, non era stata esclusa l’eventualità di dover bloccare e traslare (leggasi alla voce: sequestrare) qualcuno almeno per la durata dell’assalto, se non più a lungo. Nel “dossier” ora aperto sul tavolo di Moreno Capella, sostituto procuratore generale, figurano addebiti per tentata rapina aggravata, atti preparatori (punibili) di rapina, infrazione alla Legge federale sulle armi e furto d’uso. Circa il 53enne, in più, tutto quel che risale alla vicenda precedente: altro lavoraccio per la magistratura, dovendosi ripescare l’intero incarto nel frattempo passato anche in Appello con una conferma del verdetto di primo grado e due modesti sconti di pena.