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Addio a Marzio Maurino: fu “re del granito” e voce sempre fuori dal coro

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In lutto il mondo dell’imprenditoria ticinese. Dai familiari, il cui silenzio è stato rispettato con compartecipato cordoglio, nelle scorse ore l’annuncio della morte di Marzio “Lalo” Maurino, 82 anni da compiersi fra sei settimane, emblema della terza generazione all’odierna “Graniti Maurino Sa” operante con unità produttive in ValleMaggia (Maggia), Lavizzara (Peccia) e Riviera (Iragna e Cresciano). Il decesso venerdì 30 giugno in territorio comunale di Ascona, a quanto pare per le conseguenze di una caduta.

Marzio Maurino, che condivideva tuttora il timone dell’azienda con il figlio Cesare essendo entrato in ditta 62 anni or sono ed avendone preso la guida nel 1971, aveva non immeritata fama di vero e proprio “dominus” nel mondo dell’estrazione di pietre: da un lato per la lunga esperienza professionale, da un altro perché espressione di un’identità destinata a perpetuarsi, da un altro ancora perché sotto l’identità della “Graniti Maurino Sa” – il “pay-off” d’impresa: “Quattro luoghi d’estrazione, sette cave, 15 graniti e 14 marmi svizzeri” – restano riassunte sia le esperienze dinastiche (Giuseppe Maurino “senior” operante a Pollegio come ditta individuale sin dal 1894, indi Giuseppe Maurino “iunior” come “Fratelli Maurino” in forma di società in nome collettivo dal 1946, lo stesso Marzio Maurino in ruolo apicale un quarto di secolo dopo come “Maurino Sa”, denominazione fissata nel 1960) sia le storie di aziende via via acquisite ed incorporate (“Crescianograniti Sa” nel 2009, “Cristallina Sa” nel 2010, “Martinetti Sa” nel 2017) sia ancora le realtà costituite in corso d’opera nell’alveo dell’azienda principale, svizzera per gli svizzeri con una media di oltre 1’000 lavori ogni anno ma anche proiettatasi all’estero con opere in sette distinti Paesi.

Il nome di Marzio Maurino era soprattutto “voce”. Voce autorevole – anche i cronisti andavano a colpo sicuro, sapendo di trovare un interlocutore mai ovvio e mai scontato – nel valutare e nel commentare quanto, tra politica e società, in qualche modo era o poteva risultare afferente al suo mondo. Memorabile la battaglia legata all’invero contrastatissima “Legge sulle cave” con cui i vertici del Dipartimento cantonale territorio avevano provato a trovare una chiave di volta nel fragilissimo arco dato dalla coesistenza di elementi (leggasi alla voce “Interessi”) tra di loro incongrui; frequenti le uscite pubbliche – a sue spese, per esempio con l’acquisto di pagine di giornali – su argomenti di primo piano; non sempre idilliaco il rapporto con le sigle sindacali. Granitica, è il caso di dirlo, la temporanea resistenza opposta all’autorità costituita al tempo in cui, dall’oggi al domani, fu imposto lo “stop” alle attività produttive stante il diffondersi della pandemia da Covid-19: “Ho un’azienda ed ho contratti da rispettare, nella Svizzera interna continuano a lavorare e qui mi mandano i poliziotti per intimarmi di chiudere… Ogni giorno di fermo delle macchine mi costa una penale da 10’000 franchi solo sul lavoro che sto eseguendo”.

Il commiato da Marzio Maurino ha già avuto luogo nell’intimità familiare. Cappello in mano, all’impiedi, si rendono tributo ed omaggio.