Home CRONACA Granconsigliera contro parroco: «Insultata nel giorno del dolore»

Granconsigliera contro parroco: «Insultata nel giorno del dolore»

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Scena, e non c’è nulla di inventato: una donna ha appena perso la madre e si trova a vegliarne la salma nella camera ardente, a tardissima ora di ieri, in vista del commiato; un uomo in abito talare entra, ed anzi, fa irruzione nella stanza, nemmen salutando, e con tono ruvido esplode in un’invettiva perché qualcuno avrebbe posteggiato l’auto davanti all’ingresso del suo “garage” vicino al cimitero; l’autore di cotanto delitto si alza, precisando di essere lì a sua volta per un ultimo saluto alla defunta, e d’accordo, portone ostruito ma basta il chiedere e questi non sono poi i toni; il prete, per tutta risposta, manda a quel paese l’una e l’altra persona. Fatti accaduti (non vi è motivo di dubitarne) in quel di Torricella-Taverne frazione Torricella, in contesto doloroso, or è brevissimo tempo; fatti accaduti e denunciati, per di più, da una fonte che appartiene alle istituzioni e che le rappresenta al massimo livello legislativo cantonale. È infatti della granconsigliera Roberta Passardi, nella vita fiduciaria ed imprenditrice, eletta a maggio in quota Plr, la voce che si leva già incrinata, una lama nell’anima ed un’altra nell’espressione, l’incredulità dipinta sul volto e le mani che ancora vibrano (no, non tremano; vibrano) per la rabbia necessariamente repressa nell’imminenza di una cerimonia in cui non mancheranno le lacrime dietro al feretro ed altre lacrime dovranno sommarsi per il “vulnus” subito. Roberta Passardi, figlia di Olga Passardi Alberti nata Rezzonico che in politica fu attiva anche quale consigliera comunale e che viene ricordata anche quale fondatrice della “Colonia estiva liberale-radicale”; Roberta Passardi, che non esita a chiamare in causa il responsabile di questo atto, nella persona di don Giuseppe Bentivoglio da lungi parroco a Torricella-Taverne, descrivendo alle brevi l’episodio e manifestando sconcerto.

Si premette: rara è la condizione dei sacerdoti che facciano l’unanimità, in Ticino soprattutto. E di lui, don Giuseppe Bentivoglio, c’è chi elogia l’arte oratoria, c’è chi esalta il ruolo nella “Caritas Ticino” e c’è chi sottolinea invece qualche ruvidezza tale da aver causato l’allontanamento di vari fedeli, in parte riversatisi su Lugano e su Gravesano per le funzioni della domenica ed anche per l’amministrazione dei sacramenti; cosa, quest’ultima, di una certa gravità ma pluritestimoniata, il che indurrebbe a credere ad una certa qual abitudine espressa nel lungo periodo. Detto questo, l’accaduto esubera quanto sarebbe accettabile anche in un caso di emergenza totale, laddove cioè il parcheggio di una vettura – parcheggio temporaneo, ancorché erroneo; un “appoggio” dovuto alla contingenza – avesse costituito ostacolo ed impedimento alla libera azione del sacerdote, senza dubbio atteso in quel mentre ad uffici superni ed inderogabili. Dal racconto, che si riporta per sintesi, non pare proprio che sussista spazio per valutazioni laterali e/o assolutorie: “Il prete (…) è entrato nel famedio, urlando che avevamo ostruito l’entrata del “garage”. Né un saluto, né un segno di rispetto: solo accenti minacciosi. Ho chiesto al sacerdote di abbassare i toni e di rispettare il luogo in cui ci trovavamo; per risposta, un “Me ne frego”.

Possibile? Possibile sì, aggiunge Roberta Passardi. “Dico: “Lei è un prete, e non rispetta il dolore ed i morti?”. Risposta (da aggressione verbale, a tali parole): “Sono un prete e, perché sono un prete, vada a quel paese”. Di che sbarrare gli occhi (per inciso, la versione fornita dalla granconsigliera godrebbe anche di piena conferma da parte dell’altra persona che si trovava nella camera ardente), quale che sia e fosse il motivo – potrebbe essercene un altro, per carità – dell’irritazione manifestata da don Giuseppe Bentivoglio. E le attestazioni della granconsigliera (che precisa: “Magari non sono propriamente una praticante, ma vengo da una famiglia cattolica e non per forma”) vanno anche oltre: “Ho chiesto (al sacerdote, ndr) di aver rispetto per mia madre; ho domandato dove fosse finita la carità cristiana; in tutta risposta, e riassumo, ecco un “Sono un prete e perciò faccio ciò che voglio”. Un’esperienza brutta, orrenda, proprio nel momento in cui stiamo vivendo un lutto”. E, cioè, nel giorno di dolore che uno ha.