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Natale Albisetti, l’omaggio (dovuto) di Stabio. E fra tre anni…

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Come rimediare ad un piccolo delitto collettivo (tale è l’assenza di memoria e di tributo a chi ha lasciato di sé una traccia per il bene di tutti) e preparare la strada verso celebrazioni che permetteranno di valorizzare e di inserire un personaggio nel giusto contesto storico ed artistico: è quanto fatto a Stabio, nel corso dell’estate, con l’esecuzione e con la conclusione dei lavori di restauro alla tomba dello scultore Natale Albisetti, la cui ultima dimora – nota anche come “Cappella Albisetti”: in essa sono ospiti anche i genitori Antonia e Ignazio e la moglie Fortunata – si trova al cimitero comunale ed è riconoscibile anche per quella che è considerata l’opera più celebre, l’“Arnoldo da Melchtal”, o meglio “Melchtal e suo figlio”. Atto dovuto, si dirà, nel rispetto di colui che a Stabio venne alla luce e che da Stabio si mosse portando arte e valori in Italia, nel resto della Svizzera ed in Francia, per restare ai fondamentali di una carriera dipanatasi per quasi 40 dei 60 anni di vita; atto ancor più dovuto se si pensa al fatto che quella tomba, dal 1923 cioè dal momento dell’edificazione a tumulo di Natale Albisetti, non era mai stata oggetto di attenzione, se non nel quadro dell’ordinaria manutenzione del camposanto.

Di “condizioni deplorevoli”, e tanto per iniziare a causa di residui atmosferici e di sporcizia “ambientale”, parla Sergio Pescia, già conservatore del “Museo della civiltà contadina” in Stabio ed in squadra di restauro con Tiziano Riva e con Enrico Gambardella: “Erano compromesse tutte le componenti della tomba, dalla scultura dell’“Arnoldo da Melchtal” al piedistallo, dal basamento ai pilastrini, dalla recinzione al cancelletto”, per l’azione di “acidi, particellati, funghi, muschi e licheni che negli anni hanno alterato e corroso i materiali e le superfici. Le lapidi erano ricoperte in alcune parti di verderame, colato dai chiodi di sostegno e dai gocciolatoi della piccola grandaia sul muro retrostante, e gli elementi in metallo erano tutti arrugginiti”. Ergo: da un lato, ripulitura delle componenti la cappella; dall’altro, il risanamento ed il consolidamento dei materiali. Massimo l’impegno dedicato alla scultura, una delle tre testimonianze omologhe sul territorio di Stabio (nell’atrio del Municipio è conservato un gesso, restaurato anni addietro in occasione di una mostra e considerato alla stregua di un modello preparatorio; in piazza Maggiore si trova invece la versione bronzea, realizzata negli Anni ’70): poroso il materiale (marmo di Carrara), e questo era di suo un problema, ed altri danni erano stati arrecati dalle piogge acide; da qui la necessità di effettuare una pulitura meticolosa con aggiunta di protezione idrorepellente per garantire lo “status quo” almeno sino al 2025, tempo in cui – come precisa Tiziano Riva – serviranno “una manutenzione ed una nuova, leggera pulitura”.

Tomba e scultura ora a nuovo, per quel che si possa dire; ed un trampolino di lancio per altro, precisa Simone Castelletti, sindaco di Stabio, nel prefigurare un ampio programma celebrativo nel 2023, centenario dalla scomparsa di Natale Albisetti. Gli occhi, a quel momento, saranno puntati sugli eventi e sugli eventi soltanto: il resto – restauro della gipsoteca, donata dallo stesso Natale Albisetti al suo paese; lavoro sulla monografia dell’artista, la prima nel genere; costituzione dello “Spazio Albisetti”, inaugurato due anni or sono con sede in piazza Maggiore – sarà acquisito e, si spera, verrà sfruttato a dovere quale strumento. In fondo, si tratta di compiere un’opera di equità: tra gli allievi di Vincenzo Vela, degnissimo; tra gli artisti militanti, e nel segno del patriottismo, un campione. Chissà, forse per questo c’è chi di Natale Albisetti ha fatto finta di potersi dimenticare… In immagine, Natale Albisetti.

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