Home SVIZZERA Certificato obbligatorio. Per scaricare sui cittadini gli errori commessi

Certificato obbligatorio. Per scaricare sui cittadini gli errori commessi

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Davvero serviva, questo giro di vite imposto con assenza di modulazione e con taglio draconiano, da parte di Berna? Meglio: è davvero questa la linea di azione che ci si aspetta da un’autorità politica nelle condizioni presenti della pandemia? E sul serio, da qualche angolo della classe politica che necessariamente è riflessa all’interno dell’Esecutivo federale, non emerge una sostanziale perplessità sia sulle forme sia sul merito delle decisioni annunciate oggi e con decorrenza fra qualche giorno? Davvero nessuno rileva il dilettantismo, l’improvvisazione, gli assurdi, le contraddizioni, il drammatico passo del gambero imposto, la stolida retorica di cui sono ammantati i messaggi, l’attacco ai fondamentali della libertà di impresa e, su un altro fronte, la violenza esercitata a macchie contro i diritti dell’individuo? Leggiamo e vediamo.

Una sorta di “Tiriamo ad indovinare” – Sta scritto: “Alla luce della situazione in essere, ed al fine di prevenire un sovraccarico degli ospedali, abbiamo deciso di estendere l’obbligo del certificato alle persone a partire dai 16 anni”. Tutto e sùbito, con proiezione a medio termine: “Per vedere gli effetti del provvedimento sull’occupazione dei letti nei reparti di terapia intensiva ci vorranno dalle due alle tre settimane”. L’imposizione del “certificato Covid”, ad avviso dei legislatori decretisti e qui in palese scavalcamento delle prerogative parlamentari (c’era tutto il tempo per prefigurare una simile azione e per verificare l’effettivo consenso tra gli eletti a Stati e Nazionale), sarebbe del resto cosa ovvia e nemmeno da discutersi, perché “il certificato è accessibile a tutti” e perché tale documento “attesta l’avvenuta vaccinazione, la guarigione dal Covid-19 o il risultato negativo di un “test” e si è già dimostrato utile per le discoteche e per le grandi manifestazioni”. Il che suona quasi come una beffa: discoteche e grandi manifestazioni sarebbero pertanto state non già un contesto separato (e per ragioni comprensibili ancorché non sempre condivisibili nello specifico), ma il banco di prova per la mera estensione di quanto era stato deciso ed applicato su minor scala. Minaccia del resto insita nella chiusa del discorso: grazie al “certificato Covid-19” è possibile “l’adozione di provvedimenti contro la diffusione del virus” senza che si debba “passare sùbito alla chiusura di strutture o al divieto di determinate attività”.

Spazi interni, una prigione – Da lunedì, insomma, “certificato Covid-19” obbligatorio all’interno dei ristoranti e dei bar; esso non verrà invece richiesto sulle terrazze, nelle mense per i poveri e nelle strutture di ristorazione poste in aree di transito degli aeroporti. Sotto vincolo di certificato, come detto, anche i musei ed a fianco di essi le biblioteche, i giardini zoologici, i centri “fitness”, le palestre di arrampicata, le piscine coperte, i parchi acquatici, le sale da biliardo e le sale da gioco. Idem dicasi per quasi tutte le manifestazioni al chiuso, ovvero i concerti, le rappresentazioni teatrali, gli spettacoli cinematografici, le manifestazioni sportive e gli eventi privati comprese le feste di matrimonio in locali accessibili al pubblico (domandarsi: e che cosa dovrebbe fare chi abbia già organizzato – e magari pagato – una cerimonia con 200 invitati da vari angoli del mondo?). Eccezioni solo per tre tipologie di eventi: le manifestazioni religiose, le manifestazioni per la formazione dell’opinione politica ed i gruppi di autoaiuto; nei primi due casi viene ristabilita una limitazione a 50 persone (determinazione assunta in totale assenza di raziocinio, e fortemente limitativa della libertà individuale e di credo). Obbligo di “certificato Covid-19”, come già avviene ora, anche per le manifestazioni all’aperto e nelle quali sia prevista la presenza di oltre 1’000 persone; alla “libera scelta degli organizzatori” la modalità per eventi dalle minori dimensioni. Obbligo anche “per le attività sportive e culturali al chiuso, come allenamenti o prove musicali o teatrali”, e tuttavia non nel caso di gruppi “a composizione stabile” e nei quali figurino “al massimo 30 persone che si allenano o si esercitano regolarmente insieme in locali separati”. In caso di mancata osservanza da parte di singole persone, multa da 100 franchi; nello stesso caso, possibile sanzione (dalla multa alla chiusura dell’esercizio) a carico dei responsabili di strutture e di eventi in cui l’obbligo non sia osservato. Ciliegina, lo scarico di responsabilità: ai Cantoni viene demandato l’obbligo di esercitare i controlli.

Lavoro e scuola, burocrazia su burocrazia – I datori di lavoro avranno facoltà di verificare se i loro dipendenti sono in possesso di un certificato soltanto se ciò risulta necessario per l’attuazione di provvedimenti di protezione adeguate o di strategie di “test”. Vietato l’utilizzo per altri scopi di qualsiasi informazione acquisita circa lo stato di immunità o circa il risultato del “test”; ai datori di lavoro anche l’onere di coprire i costi per il “test”, qualora chiedano ai dipendenti di sottoporsi al medesimo; saranno assunti dalla Confederazione solo i costi dei “test” ripetuti. Leggasi poi questo: da discutersi con i collaboratori, e da documentarsi per iscritto, l’’impiego del “certificato Covid-19” ed i provvedimenti che il datore di lavoro intenda applicare; infine, con un’invocazione palliativa della protezione dei dati, ecco la pretesa di utilizzo del certificato “light” – ma “nei limiti del possibile”, espressione priva di un valore qualsiasi di riferimento – da parte degli stessi datori di lavoro.

Paradosso ultimo: l’“obbligo possibile” – Nel limbo, infine, le autorità cantonali ed i responsabili delle scuole universitarie per quanto riguarda i corsi di livello “bachelor” e “master”: si può prescrivere l’obbligo del “certificato Covid-19” o si può… non prescriverlo, dal testo risulta esattamente questo, e senza che cambi qualcosa a parte il fatto che, se viene imposto l’obbligo, decadono la limitazione a due terzi della capienza e la necessità di utilizzo sistematico della mascherina. Per altre attività universitarie, ad esempio lo svolgimento dei corsi di formazione continua, continueranno a valere le regole previste per le manifestazioni. Tal è.