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Filo di nota / Càpita al capitano, ma non l’abbiamo proprio capita

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Fossimo nei vertici di una società sportiva, lasceremmo sempre alla squadra – alla decisione democratica della squadra, per meglio dire – il compito di scegliere chi debba essere il capitano per la stagione agonistica prossima ventura. Non perché sussista chissà mai quale rapporto privilegiato, ma per logica, mai avremmo tolto la “C” dalla maglia di Alessandro Chiesa – àmbito hockey, realtà Lugano – negli ultimi quattro anni in tale ruolo; rispettabile la scelta compiuta da Hnat Domenichelli quale “general manager” bianconero, e tuttavia. Volete un argomento? Ne abbiamo due: a) occorre che il capitano goda di credibilità “universale”, quantomeno con riferimento all’universo interno allo spogliatoio ed all’universo delle immediate relazioni esterne, e che egli sappia parlare – all’occorrenza, senza mezzi termini e senza barocchismi – su entrambi i versanti; b) Alessandro Chiesa è l’uomo che inizia una frase in italiano e la finisce in vernacolo locale, e dunque incarna (chi altri può farlo?) esattamente lo spirito di un’identità ticinese. Perché le parole sono importanti, come sostiene qualcuno; ma ancor di più è importante il linguaggio che tali parole accompagna. E insomma: Hnat Domenichelli vorrà anche dire che “serve un nuovo inizio”; ma da quando in qua il “nuovo inizio” ha luogo previa demolizione di quel che è segno e messaggio positivo e genuino?