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Covid-19 in Ticino, cifre rosse: 258 contagiati, uno su cinque è in ospedale

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(ULTIMO AGGIORNAMENTO E RIEPILOGO, ORE 20.56) Preoccupa, il Covid-19. Preoccupa in quanto virus, ma più di tutto preoccupa a causa della rapidità della sua diffusione (nulla di nuovo) e della pressione che esso mette sul sistema sanitario ticinese (il che, purtroppo, è novità solo nel senso dell’essersi inverato un timore più volte espresso nei giorni scorsi). I numeri del Ticino, al giorno numero 18 dal riscontro del primo caso di contagio da “Coronavirus”, pesano anche perché non viene percepita un’attenuazione del tasso di incremento: 258 coloro che di sicuro sono stati colpiti, ed un quinto sul totale (52 persone) si trova ricoverato in ospedale, ed un quarto di questi (cioè 13) si trovano sotto terapia intensiva; e sul conto, non si dimentichi, restano le tre vittime.

Cercasi curva credibile – Anche oggi, insomma, bollettino di guerra. Fa colpo un passaggio di quel che il medico cantonale Giorgio Merlani ricava nel confronto fra due informazioni a distanza di poche ore: vi è infatti il rischio di essere sempre imprecisi per difetto, nel raccontare cioè nel riferire al pubblico, quando accade che tra mattina e sera si evidenzi uno scarto di 40 infettati, cioè un 18-20 per cento in più. Non è questo, o almeno ce lo si augura, l’ìncremento tendenziale; per paradosso, le cifre sono piccole rispetto a quel che servirebbe per incominciare a trarre un modello matematico credibile. Modello per il quale, fatta pur tutta la tara, non si può escludere di andare a prestito dalle rilevazioni d’oltreconfine, in quella Lombardia che ebbe l’epicentro negli ormai celebri 10 Comuni del Lodigiano intorno a Codogno, e che poi divenne “zona rossa” (no, arancione: forse perché è un colore dal minor impatto), e che ora è impegnata in lotta senza quartiere su riferimenti drammatici (a questa sera; 7’732 ammalati, 836 in più rispetto a ieri; 890 morti, di cui 146 nelle ultime 24 ore). A tali tassi di crescita, il pericolo d’un cedimento della diga su cui resiste la sanità ticinese sarebbe elevato.

L’aiuto dell’Esercito – Per quanto non più strategico e non più perseguito nella sostanza sia il tracciamento del contagio con indagine negli ambienti frequentati dai soggetti colpiti, qua e là sono percepiti messaggi che inducono alla prudenza ed alla preoccupazione: dicasi, in questo senso, dei tre casi in contesti comunitari ad ampio spettro (e ad elevato livello di contatti diretti e prossimali) quali sono le caserme di Monteceneri (due persone, l’una impegnata nella Scuola traffico-trasporti e l’altra in divisa quale paracadutista) e di Airolo (una, ascritta alla Scuola sanitari). In riferimento all’Esercito, invece, una nota positiva: dopo l’assegnazione iniziale di due ambulanze nel contesto di provvedimenti assunti a Berna, ecco giungere invece significativi e qualificati contingenti in appoggio a personale e pazienti. 23 in tutto i militari delle truppe sanitarie che hanno raggiunto Lugano (sei, al “Civico”) e Bellinzona (17, al “San Giovanni”) con attestazione in presidio per sette-otto giorni, ossia sino a venerdì 20 marzo, quando i gruppi saranno rilevati e sostituiti da altri effettivi. Non manca un massiccio apporto di materialii, comprese tende universali, “container”, sistemi di controllo, strumenti per la respirazione, barelle e materiale medico.