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A margine / Ascesa e caduta di una meteora Udc. Per una targa di troppo

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Non solo funzionario pubblico, e con ruolo dalla palese importanza perché non si diventa parte attiva di un reato pertinente ai propri uffici se non si ha libera mano nella stanza dei bottoni, ma anche figura politicamente rilevantissima in compagine politica emergente è il 34enne tratto in arresto – ed ora in libertà, quale indagato a piede libero – per lo scandalo delle targhe “allegre” alla Sezione circolazione in Bellinzona: due indicazioni specifiche nel comunicato-stampa da ministero pubblico e Polcantonale, e quel minimo di incrocio con gli organigrammi della struttura del “Centro ala Monda” in quartiere Camorino, ed ecco che già stamani un nome aveva incominciato a viaggiare di bocca in bocca, destando tra l’altro non poco stupore. La conferma è giunta poi, con presa di coscienza forse tardiva ma non incongrua nell’atto di responsabilità “erga omnes”, per tramite del legale del soggetto in questione: che si chiama Simone Orlandi, bellinzonese del quartiere Claro, età quella indicata, e soprattutto presidente della neoricostituita sezione Udc di Bellinzona, consigliere comunale sotto gli stessi colori, “homo novus” capace di irrompere sulla scena politica anche con un dignitoso piazzamento (si fa per dire: 28.o subentrante) alle Cantonali 2019, indi giunto quinto (su sette, cioè quarto subentrante) per il Municipio a Bellinzona sulla lista Lega dei Ticinesi-Udc-Indipendenti, e qui il riferimento va alle Comunali 2021. Figura di spicco, non c’è che dire, anche in ragione della benevolenza a lui manifestata ancora in tempi recenti da Piero Marchesi, presidente cantonale dell’Udc e consigliere nazionale.

Dei fatti al centro dell’inchiesta, proprio perché sono in corso approfondimenti coordinati dal procuratore generale Andrea Pagani e consta che alcuni atti istruttori sono da esperirsi, non è il caso di dire al di là di quanto pubblicato in sede di cronaca. Della rapidità con cui il nome di Simone Orlandi è piombato in cronaca, sapendosi e facendosi memoria della singolare riservatezza con cui un altro e ben più grave caso venne per esempio trattato da gran parte della stampa con omertosa salvaguardia di nome e cognome del già funzionario colpevole, si potrebbe disquisire con un dubbio su pesi e misure; ma l’evenemenzialità dell’accaduto non è contestabile né alcuno intende contestarla, perché di operazioni contrarie a ciò che era lecito si tratta e per di più con dazione e con accettazione di denaro, come pare sia stato implicitamente ammesso dal lreo che forse non ha ancora capito di aver dato un calcio a tranquilla carriera, ad un salario più che dignitoso, ad un ruolo nelle istituzioni e ad ogni prospettiva di assunzione nel pubblico e nel privato per una generazione almeno, e magari per la stolida contropartita di qualche biglietto da mille. Delle scuse addotte, sinceramente, non si sa che fare: la tesi dell’“Ero in un momento difficile della mia vita” fa storicamente paio con frasi che qualche legale tenta di spendere a scudo del proprio assistito, e credendo tra l’altro di conquistarsi tempo utile beneficio della credibilità e delle future strategie difensive, quando afferma che il suo assistito “è molto provato, è scosso, e non riesce ancora a ricostruire l’accaduto”. Chiacchiericcio dilatorio, qui c’è una serie di reati da furberia di uno assai poco furbo e che, ad ogni modo, dalle furbate sul posto di lavoro si sarebbe potuto – oltre che dovuto – astenere.

Gli è invece che l’arresto e la quasi certa condanna di Simone Orlandi – dal quale giunge nel frattempo l’annuncio di dimissioni da ogni contesto politico; sparite già le pagine personali ed istituzionali tanto su “Facebook” quanto su “Instagram”; resta invece quella della sezione Udc – costituiscono “vulnus” sia per il ruolo assunto liberamente in politica dal soggetto (ché la politica non costituisce obbligo, sebbene di massima sia chiesto al politico di essere irreprensibile nell’espletamento delle funzioni sul lavoro ordinario) sia per l’ente pubblico di cui egli è, e prossimamente non sarà più, dipendente (a proposito: si incominci ad astenersi dalla solita tiritera sull’essere onesta e financo onestissima la stragrande maggioranza dei collaboratori del Cantone e dei Comuni; io concetto è ovvio e trattasi di merce usata, come in ogni luogo esiste il funzionario dalla dedizione totale alla sua scelta professionale ed esiste il giardiniere che si porta a casa le piante, morta lì). In casa Udc, per dire, oggi le scosse di terremoto si stanno succedendo ed intensificando con il passare delle ore, anche per via del fatto che l’affidamento della presidenza a Simone Orlandi per la sezione di Bellinzona era giunto quale pietra angolare di una ricostruzione “normalizzata” sulla linea di Piero Marchesi, e si sta parlando d’un anno fa nemmeno. Ricordate? Sul finire della primavera 2020, partito rimasto acefalo sulle dimissioni contestuali di Ivano De Luigi presidente, Alessandro Torriani vicepresidente, Arturo Burini vicepresidente e persino Antonio Micheli tesoriere; non più tardi dell’inizio di febbraio 2021, ma il colpo era in canna già da prima dell’assemblea svoltasi a Carasso e nella quale erano state “confezionate” le candidature per Municipio e Consiglio comunale nella capitale, le dimissioni di un furente Orlando Del Don – che non proverà alcun piacere nell’assistere a questo crollo rovinoso; au contraire – a causa di “profonde ed insanabili divergenze politiche, strategiche e procedurali con questo Ufficio presidenziale”, riferimento dunque alla squadra di cui Simone Orlandi aveva creduto di essere alfiere e plenipotenziario, guadagnandosi i galloni anche quale responsabile eventi a livello cantonale, prefigurandosi un lungo corso sino a Berna e, per prima cosa, essendosi innamorato di una targa con la scritta “presidente”. Scorie che si erano accumulate, scorie che ora formano un “mix” esplosivo.

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