Home CRONACA Targhe “speciali”, contropartite venali: in due finiscono a giudizio

Targhe “speciali”, contropartite venali: in due finiscono a giudizio

474
0

Ballarono 50’000 franchi, alla grossa, fu detto in prima battuta: il 60 per cento al funzionario (ora “ex”, per intervenuto licenziamento), ed il 40 al tizio che, da operatore per conto di un’agenzia di assicurazioni, avrebbe poi saputo come far “girare” gli articoli oggetto di cotanto interesse. Ora, ad avvenuta conclusione degli accertamenti penali il che significa indagini al traguardo con rinvio a giudizio delle due persone implicate (a proposito: la questione sarà risolta con il rito abbreviato), pare che l’ex-funzionario medesimo abbia intascato 38’500 franchi quale indebito vantaggio; non che cambi granché, la sostanza è che l’uno aveva ceduto 15 targhe la cui gestione su un canale preferenziale gli era vietata, e che l’altro aveva fatto in modo di essere esclusivista nell’accaparramento, pezzo dopo pezzo, millozzo dopo millozzo. Meglio si saprà durante il processo, imputati il 35enne Simone Orlandi cittadino svizzero con domicilio nel Bellinzonese ed un 49enne svizzero domiciliato nel Luganese, anche di quest’ultimo è nota nell’ambiente l’identità, non stiamo parlando di fenomeni del crimine (ed infatti il giochino venne alla luce meno di un anno dall’inizio del flusso, denaro al primo e targhe intestate al secondo) ma di gente che aveva pensato di poter lucrare sull’affaruccio conseguente all’altrui desiderio di viaggiare con un “Ti” a numeri originali, o bassi, o in sequenza memorabile, e così via.

Si dirà che Simone Orlandi fu uno sciocco nel credere che i suoi maneggi, alla Sezione circolazione, non sarebbero stati scoperti al primo controllo incrociato o persino alla prima consultazione sull’elenco dei materiali conferiti; un colpo singolo non avrebbe destato perplessità, due a distanza di tempo sarebbero sfuggiti forse ai controlli, ma 15 operazioni distinte tra fine dicembre 2020 e fine maggio 2021 equivalsero al tirarsi la zappa sui piedi. In aula si capirà quindi se a dettare quel ritmo forsennato nella compravendita fu il bisogno disperato di denaro, da parte del funzionario, per sostenere un esuberante tenore di vita, o se si trattò del cedimento a reiterate lusinghe o pressioni del 49enne (il quale è difatti chiamato a rispondere dell’imputazione per ripetuta corruzione attiva), o se più semplicemente entrambi si convinsero via via del trovarsi sul cuscino degli intoccabili o degli insospettabili, sempre che fosse mai venuta alla luce la vicenda.

L’informativa al ministero pubblico partì invece proprio dai corridoi della Sezione circolazione, e nell’arco di un anno è stata svolta “una minuziosa analisi dei fatti” con “attento esame degli atti acquisiti”. Le targhe, nel rispetto dell’ordinaria procedura, erano invece – e citiamo – “soggette a cessione fra privati o ad asta pubblica poiché non era ancora scaduto il termine di 12 mesi di deposito a beneficio del detentore originario (o degli eredi), o poiché esse “erano già a libera disposizione dello Stato”. Per questo, e per un profitto di quelli che non spostano una vita al netto dell’illiceità, l’ex-funzionario sacrificò un salario cospicuo e una faccia, pena che di suo suona già adeguatamente afflittiva; di ripetuta concussione passiva, di ripetuto abuso di autorità e di ripetuta acquisizione illecita di dati egli sarà invece tenuto a rispondere, e con destino segnato.