Era una tra le poche e labili tracce cui i familiari, prima ancora degli inquirenti, volevano affidarsi; ed è caduta, di colpo, riportando quasi a zero – quasi: un possibile punto di aggancio rimane, e ci riguarda da vicino perché in… mezzo a noi – le ricostruzioni sulle sparizioni dei due giovani. Perché in quell’immagine, in quella foto scattata da una ragazza all’interno della stazione ferroviaria di Milano-centrale intorno alle ore 19.00 di giovedì 18 febbraio, in quel frammento che aveva cristallizzato un attimo di vita altrui, compaiono sì due soggetti in età postliceale, sì due viaggiatori in partenza verso la Svizzera con un treno che avrebbe fatto varie tappe in Ticino, sì un tizio alto con capelli lisci e portati a media lunghezza e sì un altro tizio di statura inferiore con massa di capelli ricci, ma non si tratta di Alessandro Venturelli e Stefano Barilli, 21 e 23 anni rispettivamente, allontanatisi dalle rispettive abitazioni in Sassuolo (provincia di Modena) ed in Piacenza l’uno intorno alle ore 15.30 di sabato 5 dicembre 2020 e l’altro nella tarda serata di domenica 7 febbraio 2021. E di questo, al di là delle dichiarate identificazioni da parte di terzi, vi è ora assoluta certezza: nell’istantanea del cellulare si sono riconosciuti infatti due studenti italiani in ciclo atenaico all’“Accademia di architettura-Usi” in Mendrisio, noti i nomi di battesimo ossia Alex (mera coincidenza con uno degli scomparsi) e Edoardo. Che erano per l’appunto lì, in attesa di salire su un treno direzione nord.
La rivelazione è giunta, con evidente fragore, durante la trasmissione “Chi l’ha visto?” in onda l’altr’ieri sera sulla tricolore Raitrè, Federica Sciarelli giornalista conduttrice in videotelefonata con il citato Edoardo. Il quale non ha fatto altro che prendere contatto per dire che, primo, dell’ipotesi di riconoscimento egli non aveva sentito parlare e che probabilmente sarebbe passato altro tempo prima che tale notizia giungesse alle sue orecchie, e che, secondo, egli ricordava perfettamente la “situazione”; Edoardo ed Alex si trovano infatti su un lato dell’atrio superiore dello scalo, probabilmente in attesa di rilevare il numero di binario assegnato al loro treno che sarebbe dovuto partire di lì ad una decina di minuti. Circa i “loden” di colore scuro indossati da entrambi, “normale abbigliamento” da periodo invernale; quanto all’oggetto che uno dei due sembra porgere all’altro, non una sigaretta elettronica come da taluno ipotizzato ma “soltanto la penna con cui compilare l’autocertificazione Covid-19” in vista dei controlli alla frontiera; quanto a valigia e zaino, ordinaria dotazione di chi vada a studiare fuori sede e si porti i cambi di vestiario e gli oggetti di uso comune. Una fiammata di interesse aveva destato la presenza di uno “skateboard”; e proprio dalla testimonianza in video si è appreso che uno dei due studenti a Mendrisio è appassionato della disciplina. Fatti ripresi, riassunti, riconsiderati, implementati e commentati sia ieri sia oggi nel corso del programma “MattinoCinque” dell’omonimo canale, in verità con il corredo di qualche dichiarazione improvvida da parte di uno degli ospiti in collegamento. Cade dunque uno dei pochi pilastri apparenti su cui le ricerche erano state attivate, e la cosa è raggelante per le speranze di genitori ed amici dei due giovani. Si scioglie tuttavia uno dei nodi, dal momento che la linea temporale degli avvistamenti (o presunti tali) appariva contraddittoria: giovedì 18 febbraio, alle ore 19.00, i due individui vengono fotografati mentre si trovano alla stazione di Milano-centrale e nell’atteggiamento di chi sta aspettando qualcosa, ma nello stesso giovedì 18 febbraio, alle ore 8.00, Stefano Barilli – sempre che a lui corrisponda la fotografia; siamo sul friabile terreno del “Potrebbe essere” – viene colto da una telecamera di sicurezza mentre transita nella zona di piazza Della Riforma a Lugano ed ha tra le mani un caffè appena acquistato al “take-away”. Stando ad una prima ricostruzione, dovendosi per l’appunto far concordare cioè mettere in fila i due “riscontri”, era stata presa in considerazione anche l’eventualità di un avvistamento ceresino non già giovedì 18 febbraio ma 24 ore più tardi; in altro scenario, l’ipotesi secondo cui la foto scattata a Milano sarebbe stata da collocarsi o alle ore 19.00 di mercoledì 17 febbraio o effettivamente alle ore 19.00 di giovedì 18 febbraio, presupponendosi in quest’ultimo caso che Stefano Barilli ed Alessandro Venturelli fossero non in partenza ma in arrivo. Tesi costruite necessariamente a tavolino, con tutti gli incerti e con tutti i “se” a precedere i “ma”, anche alla luce della “somiglianza incredibile” – parole di Roberto Venturelli, padre di Alessandro, stamane a “MattinoCinque” – tra suo figlio ed uno dei due studenti all’“Accademia di architettura”.
Tralasciandosi la panna montata all’intorno (in varie trasmissioni televisive di sponda azzurra la Svizzera è stata descritta come sede e terreno fertile per centinaia di sette, ed un’inviata si è spinta a raccogliere dichiarazioni nella zona di Sessa con riferimento ad una “fondazione esoterica”, e via elencandosi), poche sono le informazioni attendibili e concrete. Si sa, ad esempio, che in gennaio Stefano Barilli era stato a Zurigo (o, almeno, da Zurigo aveva inviato comunicazioni alla madre) e che Lugano era stata una sua tappa di breve o di medio termine; si sa che un tizio “uguale” a Stefano Barilli, e tra l’altro espressosi in lingua italiana dalla forte impronta emiliana, ha interloquito con più persone in prossimità del lungolago e chiesto informazioni stradali; si sa che Stefano Barilli, durante il soggiorno elvetico precedente alla scomparsa, aveva preso contatti con varie persone nel tentativo di farsi finanziare una “start-up”, operazione tuttavia rimasta in congelatore dopo un paio di risposte negative. Si sa, ancora, dalla cronologia delle ricerche effettuate su InterNet, che altre destinazioni possibili sarebbero state Helsinki ed Amsterdam. Viene invece a mancare, e questo complica indagini ed approfondimenti, l’elemento della congruità fra Stefano Barilli ed Alessandro Venturelli: i quali non si conoscevano di persona, né nutrivano i medesimi interessi, né avevano svolto la medesima professione, né infine – a parte l’origine regionale: ma da Piacenza a Sassuolo c’è una distanza di 125 chilometri in linea retta – avrebbero avuto ragioni per prendere contatto l’uno con l’altro, nemmeno per tramite di terzi. In immagine, Alessandro Venturelli e Stefano Barilli.