Home CRONACA “GastroTicino”, la conferma: campagna elettorale pagata al presidente

“GastroTicino”, la conferma: campagna elettorale pagata al presidente

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Vi suonerà strano; ma è vera proprio l’ultima ipotesi – quella peggiore – affiorata sulla prima evidenza della notizia. E cioè è vero che la campagna elettorale di Massimo Suter di anni 48, presidente della “GastroTicino” e vicepresidente della “GastroSuisse” ed in sostanza null’altro che un “primus inter pares” tra esercenti ed albergatori, viene almeno in parte pagata da terzi. Terzi che si chiamano… “GastroTicino”, organizzazione con 1’600 soci dichiarati sul sito InterNet e circa 2’000 effettivamente risultanti; accade cioè che il presidente venga sponsorizzato, sostenuto e foraggiato – ed è l’unico tra tutti coloro che operano nel comparto – con denaro interno, con risorse proprie della “GastroTicino” ed in provenienza, udite udite, dalle quote associative. Perché sì, sorpresa: esiste un cosiddetto “fondo politico”, alimentato in prelievo da quanto i membri della “GastroTicino” versano primariamente a suggello del legame di fratellanza commerciale e di equità e di “fair play” e di configurazione del comparto in forma di interlocutore nella società. Primariamente; perché della seconda finalità, ossia il far eleggere Massimo Suter in Gran Consiglio sulle liste del Partito liberale-radicale, forse non tutti erano al corrente. Non tutti? Quasi nessuno, o nessuno al di fuori degli ideatori di questo progetto.

Rischia davvero di trasformarsi in un “boomerang” elettorale, e nel frattempo di scatenare un’asintomatica disaffezione all’organo di riferimento (fuor di metafora: fuggi-fuggi sotto forma di mancato rinnovo delle tessere da parte di un congruo e crescente numero di membri), la vicenda venuta alla luce grazie alla perplessità – rapidamente trasformatasi in irritazione – di uno di quegli esercenti che, per dire, alle pubbliche relazioni al di fuori della clientela non hanno tempo da dedicare, e che il mattino accendono le luci in cucina e che la sera vanno via dopo tutti gli altri, avendo nel frattempo fatto i conti di cassa e lasciato le disposizioni per i pagamenti e compilato il foglio sulle presenze della settimana. L’esistenza stessa del “fondo politico” sfugge a parecchi, ma si sa, non è colpa degli operatori – persino in sede di assemblea – se una certa voce del bilancio non viene spiegata ed illustrata in modo opportuno, cioè indicandosi le finalitâ di tale posta; inoltre, ammettendosi pure una compiuta conoscenza del significato di ogni riga infilata nella relazione finale del singolo anno di attività, si ipotizzerebbe semmai che tale “fondo politico” sia da utilizzarsi per attività speciali di comunicazione pertinente alla categoria, o per studi dalla particolare urgenza e che siano da commissionarsi all’esterno, o per affissioni istituzionali dalle quali emerga – ed è cosa sacrosanta – che nessuno vieta a nessuno di andare a farsi il pranzo domenicale in un ristorante di Verbania o di Laveno Mombello, ma che tra prezzi e comodità e partita non dichiarata ovvero invisibile (tutela ed incremento dei posti di lavoro, promozione della filiera alimentare indigena, qualità del servizio ed altre cosucce) non è disdicevole il rimanere sul territorio. Caspita, questa è politica da “fondo politico”, si dice il tizio mentre sta apparecchiando 20 tavoli contando di riempirne 10 e sarebbe grasso che cola; questa.

Ma poi, se anche valesse l’impostazione strategica del “Dobbiamo avere uno dei nostri nel Legislativo”, chi decide che tale incarico spetti al presidente, tra l’altro oberato da mille e mille impegni (è vicepresidente della “GastroSuisse”, municipale, membro di varie realtà, e di sicuro deve anche a lavorare per far pari con il borsellino a fine mese)? Chi decide, chi l’ha deciso? E chi ha pensato che fosse legittimo – e magari lo è, nel segno dei poteri ordinari e straordinari conferiti al presidente; ma di ciò non si trova traccia nelle pur particolareggiate schede con cui viene illustrata l’attività della “GastroTicino” – l’attingere al fondo, e quale comunicazione preventiva è stata data agli iscritti, sussistendo a tutti gli effetti una scelta partitica rappresentata esplicitamente nel volantino pubblicitario (con logo Plr) pro-Massimo Suter? Mistero.

A rivelare “coram populo” le modalità dell’operazione effettuata, si badi, è stato nelle scorse ore lo stesso Massimo Suter, via “Facebook”, dopo essere stato sollecitato a rispondere a pochi ma pregnanti quesiti. E che cosa afferma il presidente, dopo aver condito di cortesia la subveniente presa di posizione? Che “come presidente di un’associazione di categoria (…) è indubbio (il fatto) che si vada a cercare il sostegno di ogni associato, come succede in tutte le associazioni-mantello svizzere”; frase sibillina, perché il presidente può giustamente desiderare che nel futuro sia esercitata una pressione sulle istituzioni e dall’interno delle istituzioni e che tale pressione sia persino corporativa cioè lobbystica, ma almeno per ragioni etiche si presume che tale progetto sia concertato con i membri del Consiglio direttivo e, per loro tramite, con gli associati (domanda supplementare: è mai stata spedita almeno una “e-mail” per introdurre l’argomento e per chiedere se vi fossero figure disponibili, nel campo liberale-radicale o in altri partiti, per offrire un ventaglio di opzioni? Pur con tutti i limiti e con tutti gli errori commessi, valendo la curiosa dimenticanza di due specialisti presentatisi sulle liste dei “Verdi del Ticino”, qualcosa di meglio hanno fatto quelli dell’Ordine dei medici, dove pure infuria la polemica sulla protesta di una diecina di soggetti cui Franco Denti sembra inviso. Qui, no: aut Caesar aut nihil, o Cesare o nulla.

Aggiunge tuttavia Massimo Suter che è evidenziata “la nostra totale trasparenza in questa campagna elettorale”, e già sul “nostra” insorge qualche dubbio (trasparenza della “GastroTicino” o, “ex post”, della promozione ufficiale del Plr quale beneficiario dei voti?). Poi, uno svarione storico: Massimo Suter si dichiara presidente (vero) “di un’associazione di categoria che da anni vorrebbe un suo rappresentante in Parlamento, tentativo peraltro ripetuto diverse volte negli ultimi 16 anni”. Davvero? A quanti frequentino il Legislativo pare di ricordare, in carne ed ossa e non più tardi di due legislature or sono, Roberto Balemi granconsigliere eletto – vero, fu subentrante; ma sedette nell’emiciclo – con i colori della Lega dei Ticinesi, e di sicuro Roberto Balemi è un esercente con il suo “Contrattempi” a Losone, e di sicuro Roberto Balemi è un associato a “GastroTicino”, tanto che proprio nei locali del suo ristorante – sta scritto sul sito InterNet della “GastroTicino”, elenco degli appuntamenti prossimi – fra due settimane avrà luogo l’assemblea dêgli iscritti nella regione; dunque, “negli ultimi 16 anni” gli esercenti furono rappresentati, con quale vantaggio non si sa ma di sicuro all’interno dell’associazione la cosa si sarà risaputa.

Ed eccoci al nocciolo della questione: “Per questo esercizio (la sponsorizzazione di una singola candidatura? Improbabile, ndr) è previsto un “fondo politico” presente nei preventivi e nei consuntivi da diversi lustri, regolarmente avallato dai vari gremi associativi; fondo presente anche a livello federale, e prelevato in percentuale dalla tassa di adesione”. Appunto: denari a destinazione non chiara; perlomeno, non chiara a tutti. Tale da suscitare interrogativi è anche la chiosa: “Per poter essere candidato – così rivela Massimo Suter, sorprendente per candore – bisogna essere iscritti ad un partito politico”; non vero, esistono storiche ed ottime candidature di indipendenti (vogliamo tirar fuori una volta ancora il caso di Jacques Ducry?) capaci anche di prendersi vagonate di consensi in più rispetto ai candidati iscritti. Ma andiamo avanti: “Io sono Plrt, da qui i loghi del partito a cui faccio riferimento”. E chi mai discute sulle scelte politiche personali di Massimo Suter? Le contestazioni sono state di altro tenore: si discute sulle modalità di indirizzo, sulla scelta della candidatura, sulla scelta di una sola candidatura, sulla scelta del presidente quale candidato, sulla scelta di un candidato che in precedente votazione (vedasi sopra) chiuse a fatica sul lato sinistro della classifica interna, e lontano mille miglia da una possibile opzione di approdo per rinunzie di terzi che lo precedevano. Si discute sull’esistenza (sino ad ora, non data; non l’abbiamo tuttavia esclusa) di una base legale che permetta al presidente di far uso dei fondi della “GastroTicino” per quella che è una campagna elettorale sua; si discute sull’opacità del progetto rispetto all’eventuale volontà assembleare (che, se fosse stata espressa, avrebbe condotto Massimo Suter difilato a Palazzo delle Orsoline: 2’000 preferenziali senza concorrenza sono un bottino che lévati).

I fatti, insomma, questi sono e restano. No, non una bella storia, eticamente parlandosi.