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Contrabbando di orologi verso il Ticino: nei guai un 36enne e una ditta

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A raccontarla fuori contesto si rischia d’esser trattati da matti o da ubriachi: ma pensa tu se può essere che un tizio comperi orologi in Italia, e non all’ingrosso ma nelle normali gioiellerie, e li contrabbandi in Svizzera, per di più affidandoli per la vendita ad una ditta con punto-vendita a Lugano; è roba da barzelletta, tipo il vendere banane ai colombiani. Eh, si risponde: non solo può essere, ma è accaduto. E con strategia sistematica, e per un pezzo, confermano dall’Amministrazione federale delle dogane nel dichiarare conclusa un’inchiesta sul traffico “irregolare” di almeno 217 orologi di lusso “destinati al mercato svizzero” ovvero, nella lettura più ovvia, da rifilarsi ai clienti “in particolare sulla piazza luganese”, dal che deducesi che qualche rivolo raggiungeva altre destinazioni utili; il tutto evitandosi la trafila dei tributi in ingresso su suolo elvetico, meno carte ci sono meno seccature arrivano e meno soldi sono da cavarsi fuori dalle tasche, no? Starete scherzando, replica Berna: al netto di tutto quel che potrebbe risultare di qualche interesse per le autorità italiane, ché sull’operazione nel complesso sarebbe il caso di andare a comprendere dinamiche e meccanismi, dal soggetto fisico che effettuava acquisto e trasporto noi vogliamo denari per il mancato pagamento del dovuto, e lo stesso dicasi da parte di chi rappresenta la società titolare del negozio a Lugano Ballano 136’000 franchi e frattaglie oltre alle spese procedurali, per rimanere al sodo, in questioncella che si gonfierà con il trascorrere del tempo. Perché? Perché dell’uomo, della figura-perno di tutta la vicenda, sono state perse le tracce. Ignota dimora, sta scritto.

I fatti, messi in fila anche grazie ad una solida cooperazione in versante tricolore, risultano certi per almeno un periodo di 24 mesi, tra marzo 2014 e marzo 2016; principale responsabile un soggetto ora 36enne e che avrebbe utilizzato propri veicoli per l’andirivieni da un lato all’altro del confine, sempre i valichi ticinesi quali punti di transito, orologi occultati e rigorosa, indefettibile, tetragona ostinazione a qualsivoglia capriccio di sosta per sdoganamento, non sia mai. A Lugano la fine della corsa, da Lugano la ripartenza per altre, nuove, mirabolanti avventure da oreficeria ad oreficeria, da gioielleria a gioielleria, da orologiaio ad orologiaio. Sempre nel segno della dichiarazione omessa e da omettersi; il che “costituisce infrazione alla Legge sulle dogane ed alla Legge federale concernente l’imposta sul valore aggiunto”. Ma guarda il caso, guarda.