Come era nelle previsioni, e con l’aggravio di una misura persino maggiore rispetto alle previsioni, non è approdato al “quorum” di validità nessuno dei cinque quesiti referendari abrogativi su cui i cittadini italiani erano stati chiamati alle urne tra ieri ed oggi: dato ormai finale – alle ore 23.30 mancavano all’appello solo circa 700 sezioni su 63’454 – al 30.6 per cento, cioè meno di un terzo del corpo elettorale, ma la certezza del mancato raggiungimento della soglia minima per la validità delle votazioni – sarebbe servito il 50 per cento più un’unità degli aventi diritto – era data sin da iersera (22.7 per cento). Sconfitta su tutta la linea per la Sinistra, dal Partito democratico al sindacato Cgil; volti soddisfatti nel Centrodestra, dalle cui file era giunto un largamente prevalente invito a non andare a votare. I temi in sintesi: licenziamenti illegittimi, indennità nelle piccole imprese in caso di licenziamenti illegittimi, ripristino della causale nei contratti “a termine”, responsabilità solidale di committente/appaltante/subappaltante in caso di infortunio sul lavoro e dimezzamento (da 10 a cinque anni) dei tempi per l’acquisizione della cittadinanza italiana. All’interno della citata quota minoritaria di votanti, i “sì” sono stati dominanti (fra l’86.59 e l’88.33 per cento) sui quattro argomenti legati al lavoro, mentre in materia di cittadinanza il consenso si è fermato al 65.35 per cento.