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Ingiuria e diffamazione ripetute, a processo Luciano Milan Danti

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Luciano Milan Danti, 37 anni, già fondatore della “Lega sud” ed ora in politica come consigliere comunale della lista “Ronco per i giovani” a Ronco sopra Ascona, andrà a processo in Pretura penale con imputazioni per diffamazione ripetuta ed ingiuria ripetuta contro quattro distinte persone tra cui Guido Gheno, municipale, e Massimo Soncini, direttore responsabile del “Giornale del Ticino”. Tale, in sintesi, il contenuto del decreto di accusa formulato dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni su opposizioni dello stesso Luciano Milan Danti, e di una tra le persone offese, a precedente decreto di accusa. Nello specifico, il consigliere comunale di “Ronco per i giovani” deve rispondere di diffamazione ripetuta – ex-articolo 173 cifra 1 del Codice penale svizzero – per due pubblicazioni via “Facebook” contro Guido Gheno, la prima nel dicembre 2016 e la seconda nel febbraio 2017, e di ingiuria ripetuta – ex-articolo 177 del Codice penale svizzero – contro Valentino Gheno (capo della squadra esterna lavori pubblici a Ronco sopra Ascona), Massimo Soncini e Lorenzo Marconi, con fatti occorsi tra il febbraio 2017 ed il febbraio 2018. Proposta di condanna: pena pecuniaria pari a 45 aliquote giornaliere da 40 franchi, ovvero 1’800 franchi, più tasse di giustizia e spese giudiziarie, con iscrizione della condanna a casellario giudiziale. Con sentenza passata in giudicato nel dicembre 2015, Luciano Milan Danti era stato già condannato a 150 aliquote giornaliere da 120 franchi l’una (sospensione condizionale per 24 mesi), più tasse di giustizia e spese giudiziarie, in quanto colpevole di ripetuta falsità in documenti con riferimento alla raccolta delle firme dei sostenitori per la sua lista “Lega sud” alle Federali di due mesi prima: in quel caso, coadiuvato da altre due persone parimenti destinatarie degli strali della magistratura, l’aspirante consigliere nazionale era riuscito ad acquisire almeno una settantina di… proponenti tra “ignari cittadini” – così nella sentenza – cui era stato fatto credere, “contrariamente al vero, che si trattava di una raccolta-firme per la riapertura dei gabinetti pubblici a Lugano” e/o “per l’abbassamento delle tariffe degli autosili di Lugano e di Bellinzona”.
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