Un po’ era confessore, un po’ era psicologo, un po’ era l’amico che ti dice quando è meglio che tu lasci sul banco l’ultimo bicchierino: in tali vesti conoscevamo, sino a ieri, il barista all’angolo, ed a nostro conforto venivano letteratura e film. Purtroppo, e non per colpa sua ma per atto indecoroso di pronazione da parte di coloro che dovrebbero rappresentarlo, da lunedì e per ora “sine die” il barista viene investito di funzioni che lo trasformano in delatore, trovandosi egli nell’obbligo di raccogliere (e di conservare per un pezzo) il nome ed il cognome ed il numero di telefono di colui o di colei che chieda anche un semplice bicchier d’acqua: niente più spazio per la coppia che voglia brindare ma senza che si sappia in giro, e per l’appuntamento “al volo” (“Ciao, ti porto gli appunti, incrociamoci all’ “Abracadabra”, ho tre minuti tre per un caffè”; ne servirebbero due solo per la registrazione dei dati ed altri due per un’eventuale verifica dei documenti), e per il “far sega” degli studenti nella mattina in cui un’assenza “strategica” è più salutare della presenza. Sai che c’è, amico barista? Beviti tu la mia birra, te la offro. Con sincera compassione, e con un messaggio: sino a che tu sia spogliato di vesti che non sono tue, non aspettarti di rivedermi.