Home CRONACA Lotta al Covid-19, prima il dovere: confermata la “trincea Ticino”

Lotta al Covid-19, prima il dovere: confermata la “trincea Ticino”

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Poche le novità, e siamo sostanzialmente al “Nulla di che” in contraddizione a strane aspettative maturate su strani strumenti sedicenti informativi, dall’odierno punto sullo stato dell’arte che Bellinzona lato Esecutivo propone nella quotidiana lotta contro il Male, da tempo e per lungo tempo incarnato dal Covid-19. Poche le novità, e non ci si aspettava alcunché di diverso, benché in conferenza-stampa ci sia voluto un buon quarto d’ora per la lettura dell’elenco di provvedimenti in essere dalle ore 0.00 di posdomani, lunedì 30 marzo; ma si trattava a tutti gli effetti del riepilogo di provvedimenti adottati, con tutte le aggiunte e con tutte le modifiche già apportate, un po’ come si fa quando da un accordo extragiudiziale viene espunto concordemente ciò che non piace ad una parte e ciò che non piace all’altra parte e quel che, soprattutto, non piace agli avvocati.

Sintetizziamo, dunque, da 18 punti (di-ciot-to) estraendo quei tre che contano. Primo: lo “stato di necessità”, concetto non ancora ben assorbito da tutti ma che non si sa davvero come spiegare in modo diverso rispetto a quel che dice l’espressione stessa (e viene da domandare: scusate, quale parte della parola “necessità” vi sta sfuggendo?), viene allineato al termine strategico indicato a Berna in sede di Consiglio federale, sicché domenica 19 aprile si pone come orizzonte temporale per tutti; di fatto tre settimane sono state sfangate, altre tre sono da sopportarsi, proviamo a ragionare come se avessimo scollinato a metà percorso, oppure consideriamoci ai piedi della scala su tre tratti da una settimana, come si usava in buona atletica pedestre. Secondo: si raccomanda, si straraccomanda la prudenza a quanti non sono nel pieno delle forze, a quanti hanno un filo di febbre, a quanti respirano con qualche fatica; esiste una struttura sanitaria che dimostra di reggere bene quasi a tutti i livelli, certo, sull’apicale si fatica perché lì si lotta per la sopravvivenza, ed ogni persona salvata è un sorriso ed un incoraggiamento a replicare; e spiace il dover dire ad un 65enne che è la sua età a collocarlo in zona rischio, spiace perché si rischia di apparire privi di sensibilità, ma ogni atto di profilassi è preservazione dell’esistente, dunque si limita ora (anche nell’accesso ad un negozio per quel che l’anziano ha sino a ieri acquistato senza dover chiedere aiuto a nessuno, sissignori) al fine di poter garantire una totale e felice libertà domani. Terzo: si replicano per un’altra settimana i provvedimenti restrittivi, con tutta la terminologia conseguente ed ormai metabolizzata, sicché restano aperte le attività essenziali tipo quei servizi che logicamente consideriamo essenziali come i supermercati limitatamente al cibo, e la Posta e le banche limitatamente a quel che è prescritto, e rimangono invece chiusi i cantieri, rimangono chiuse le imprese in cui sussiste un contatto con il pubblico, rimangono chiuse le aziende non in filiera prioritaria tipo l’agroalimentare; novità relativa è una sorta di disponibilità alle deroghe, ma deroga è quel cui si può derogare in presenza, ad ogni buon conto, ed in sostanza tutto è subordinato ad un’autorizzazione da richiedersi e su cui in ultimo si pronunciano i vertici dello Stato maggiore cantonale di condotta, valutate le condizioni insieme con amendue le parti sociali. In questo senso, stroncata sul nascere l’illazione illata da taluni che si erano fatti prendere da fregola italica e, magari su suggerimento pertinente alla categoria dei sussurri “interessati”, avevano speso una tesi peregrina qual è quella delle autocertificazioni quali nuova base per dimostrare d’essere in ordine e, pertanto, con facoltà di riprendere a basso o a medio o ad alto ritmo; ed invece no, non mettiamoci grilli in capo, il regime è di carattere autorizzativo e non vi saranno scorciatoie laddove non sussistano problemi di sicurezza (un cantiere privo di sicurezza è una tomba potenziale) o di interesse pubblico.

Tutto ciò detto, ed oggi Christian Vitta e Norman Gobbi hanno macinato comunicazione senza fronzoli, sul tappeto è rimasta una questione che non riguarda i ticinesi ma quanti, venendo da Oltresangottardo, forse non hanno un’idea precisa di quel che qui sia successo da un mese abbondante a questa parte: con il cuore gonfio per quanto ci portiamo dietro nei lutti e nei timori, con le lacrime agli occhi per quanto si è speso anno dopo anno al fine di convincere il prossimo a far sosta in Ticino ed a scegliere il Ticino quale meta, ma si è costretti oggi a pregare i turisti di non venire, di non considerarci, di starsene alla larga, di non calare con i “camper” e con le “roulotte”, di non azzardare prenotazioni, di non mettersi a studiar calcoli, di non infilarsi le ciaspole per le traversate in quota. Norman Gobbi, per farlo capire, si è prodotto anche in un messaggio in Schwiizerdütsch a doppia traccia bernese, si direbbe, qual è l’impronta familiare su entrambi i versanti d’origine; si confida nella comprensione, se non immediata, almeno entro mezzogiorno di martedì.

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