“Lo zio”, di alcuni per dinastia e di altri per amicizia. “Giandollaro”, ed era la versione dei detrattori perché ne ebbe, e qualcuno di loro si risentì nel giorno in cui “Giandollaro” divenne il nome di un blocco da arrampicata dalle parti di Faido frazione Chironico, a dimostrazione di una certa qual notorietà mantenuta dal personaggio. “Gianfranco”, per coloro che egli sceglieva di onorare del sentimento di amicizia. Non amico di tutti, e fece bene perché le politiche dell’“appeasement” mal rendono onore all’uomo sul lungo periodo, fu Gianfranco Cotti, deceduto oggi all’età di 90 anni che aveva compiuto a novembre; figura impressionante nei ruoli professionali e gigantesca, alla misura dei contemporanei suoi non volendosi dire (ma nei fatti dicendosi eccome), in militanza politica, laddove egli fu di scuola Ppd e non in mera quota, e già quanto a scuola si trovò dalla parte della cattedra e non da quella dei banchi; poteva dunque non fare l’unanimità financo nella schiera dei Conservatori, ma per sfidarlo servivano argomenti e formazione e non chiacchiere e distintivo. Locarnese in tutto e per tutto, benché d’ascendenza lavizzarese (da Prato-Sornico) così come il più giovane cugino Flavio, effettivo ultimo consigliere federale ticinese; matrimonio con una Moretti, Liliana, figlia di Rinaldo ingegnere, donna di polso che a lui sopravvive; Locarno, Sarnen, Friborgo e Berna le tappe della formazione sino al completamento degli studi giuridici all’età di 25 anni, in parallelo con brillante carriera agonistica in espressione di arte pedatoria sino alla Nazionale rossocrociata iuniores e, figurarsi, con elegante disinvoltura in bianca casacca (in campo, peraltro, Gianfranco Cotti andrà ancora in età che ora vien considerata da divieto d’accesso alla spesa quotidiana).
Nel 1956 il primo e doppio giro di boa: apertura di uno studio legale nel cuore di Locarno, ed ingresso nel Legislativo comunale a Palazzo Marcacci; quattro anni più tardi, la prima esperienza in Municipio. Di legislatura in legislatura, anche con funzioni di vicesindaco e dal 1973 a chiusura di un triangolo operativo nel raggio di 200 metri (la sede di lavoro, per l’appunto, e Palazzo Marcacci, ed il Consiglio di amministrazione della “Sopracenerina”; tutto su piazza Grande), sino al balzo in àmbito nazionale: Camera bassa nel 1979 e sino al 1993, e ruoli ai vertici di realtà quali la “Crossair”, la “Banca popolare svizzera”, la “Banca nazionale svizzera” ed il gruppo “Credit Suisse” per dire dei passaggi più rilevanti; non tutti e non soli onori, qualche asprezza derivò con frange della stampa, il nome di una società riconducibile al professionista locarnese venne speso quale fulcro di contratti internazionali nei quali una parte, forse, non era stata propriamente limpida per comportamenti. In famiglia, padre (di Rossella e Nicola) e nonno encomiabile. Dello stile nella competizione in politica racconta un fatto: durante la battaglia pre-votazione sull’ingresso della Svizzera nello “Spazio economico europeo”, Gianfranco Cotti viaggiò da un capo all’altro della Svizzera, spendendosi in decine di dibattiti in pubblico ed in tv e, dal lunedì al venerdì almeno, sempre condividendo l’auto con… Silvio Flavio Maspoli, cofondatore della Lega dei Ticinesi, politico emergente e da poco approdato al Consiglio nazionale, e che sul tema sosteneva la tesi opposta. Silvio Flavio Maspoli, con la sua pattuglia dei “no-See”, la spuntò alle urne; i due divennero e rimasero amici, ed il resto dei racconti possibili è destinato a rimanere nell’archivio della memoria di pochi testimoni.
In immagine, primo seduto da sinistra, Gianfranco Cotti – nel ruolo di governatore del “Rotary club” (Distretto 180) – durante la celebrazione dei 50 anni (1975) del “Rotary” di Zurigo.