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Covid-19, il domani secondo Berna: si entra solo dopo un “test”?

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Nel mercoledì delle irrevocabili – all’incirca – decisioni profilattiche mandate a battere nel cielo di Elvezia non poteva mancare la sparacchiata su altre due varianti (le chiamano così, “varianti”, nemmeno accorgendosi di quanto ciò sia irridente) di progetto proprio oggi messo in consultazione, e con pretesa di risposta a scadenza quasi immediata – entro martedì 14 settembre, nientemeno – sempre per effetto di un repentino e subitaneo risveglio dal torpore dei mesi scorsi, da una Berna che non a caso sta utilizzando in un colpo solo tutti gli strumenti per imporre una strategia probabilmente anche non priva di validità, ma in buona parte inattuabile e per il resto concepita con aggravio di responsabilità e di costi per terzi, dai Cantoni ai privati. Tema, qui, l’ingresso in territorio svizzero da altri Paesi; e. come ai tempi in cui veniva propagandato il tracciamento quale modalità di indagine, di nuovo entra in gioco la velleità di “identificare ed isolare velocemente le persone contagiate”. Ipotesi numero uno: chi non sia mai stato contagiato, al pari di chi non sia vaccinato, sarà tenuto a presentare il risultato negativo di un “test” indipendentemente dal Paese di provenienza; non solo, ma su territorio svizzero sarà da effettuarsi un altro “test” nel periodo compreso fra quattro e sette giorni dopo l’arrivo, “test” il cui esito verrà poi comunicato all’autorità cantonale; sia il primo sia il secondo “test” avranno costi a carico delle sole persone interessate, cioè i viaggiatori. Ipotesi numero due: come nell’ipotesi numero uno per la prima parte, ma al posto del secondo “test” su suolo elvetico sarebbe sufficiente una simpatica quarantena da 10 giorni; in subordine, anziché una quarantena da 10 giorni, una quarantena da sette giorni più nuovo “test” con esito negativo.

Si aggiunga l’obbligo di compilazione del modulo elettronico di entrata, il famoso e famigerato “Passenger locator form” dalla deficitaria prima stesura (di fatto, per giungere al termine era d’obbligo il fornire informazioni errate…); in più, le regole saranno o sarebbero da applicarsi “a tutte le persone, indipendentemente da come sono entrate (a piedi, in bicicletta, in aereo, in treno, in battello, in autobus o in automobile)”. Garanzia di intensificazione dei controlli (sì, e come, su una frontiera dai valichi largamente impresenziati, per esempio dicendosi del Ticino? Con l’impiego delle Guardie di confine in esercizio permanente di retrovia, e mediante intercettazione “a campione” delle auto con targa straniera?); solita intimazione preventiva di “multe, se necessario”. Poi la serie delle eccezioni: esentati i passeggeri in transito, esentati i trasportatori di merci attraverso la Svizzera, esentati bambini e ragazzi sino ai 16 anni, esentatissimi i frontalieri. Decisione di Berna governativa, in linea di massima, fra nove giorni; entrata in vigore dei nuovi provvedimenti, quali che essi siano, già lunedì 20 settembre.

L’elenco dei Paesi? Carta straccia – Novità delle novità, un bell’addio: sparisce dal tavolo la serie degli elenchi in cui, secondo il differente grado di pericolositâ del virus, le singole nazioni venivano inserie, con modifiche ad un certo punto persino con cadenza settimanale e spesso con distinzioni per singole regioni dello stesso Paese. Modello che sarebbe “superato”, quello dell’Ufficio federale sanità pubblica, sulla scorta di un ragionamento che, disponendosi di tempo, sarebbe meritevole di confutazione a causa dell’illogicità espressa ed anzi assunta quale postulato: sostengono infatti, in sede di Consiglio federale, che “in molti Paesi la variante “delta” (…) ha causato un forte aumento dei casi nel giro di pochi giorni” e che pertanto sarebbe impossibile (in verità, non lo è) il registrare “una dinamica tanto rapida in elenchi di questo tipo”; nemmeno commentabile il discorso secondo cui, “rinunciandosi ad aggiornare costantemente l’elenco, si agevola in una certa misura la pianificazione del settore dei viaggi”. Rimarrà in ogni caso vigente l’elenco dei Paesi “a rischio” secondo valutazione della Segreteria di Stato della migrazione.

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