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A margine / “Elisabrexit”, titolo che fa scandalo. Solo se non lo si capisce

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Di vario tenore, sulla stampa dal Regno Unito agli Urali, i titoli spesi per il congedo di Elisabetta II da questo mondo. Critiche anche aspre ha raccolto l’“Elisabrexit” pubblicato dal quotidiano “Libero”: “Cattivo gusto”, “Roba da licenziamento”, “Gioco di parole su una persona morta” per restare ai giudizi meno violenti. Ci permettiamo di dissentire, sostenendo invece che quello è un titolo-capolavoro, “et pour cause”.

Nell’inglese da “urban dictionary” – in esso albergano espressioni regionali, “slang”, neologismi ed altro – e che è merce corrente anche sulla stampa quotidiana, esiste infatti un verbo che all’infinito fa “to brexit” e che è stato effettivamente mutuato dalla cosiddetta “Brexit” cioè dal distacco del Regno Unito dal letale abbraccio con l’Unione europea. Ma “to brexit”, per il magmatico correre delle parole, ha già da tempo assunto un diverso valore: è ad esempio “brexiting”, nella forma del participio presente, colui o colei che, avendo preso parte ad un evento, si è già annunciato partente ed ha già stretto mani e salutato l’uno e l’altro e l’altro ancora ma… rimane lì, magari defilato, magari in penombra, magari con apparente disinteresse per quel che sta ancora accadendo, vigile e pronto tuttavia a cogliere discorsi sguardi sussurri indicazioni; un po’ come in uno dei due casi al vaglio del Michele interpretato da Nanni Moretti in “Ecce bombo”, quando il protagonista si attedia nel biforcante dilemma sul “Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente?”. E per l’appunto così suona il messaggio (magari non immediato, ma nemmeno recondito) contenuto in “Elisabrexit”: certo, l’addio al popolo ed il distacco, ma anche e soprattutto l’affermazione secondo cui la regina è morta ma rimane e rimarrà sullo sfondo della storia e della dinastia, da figura oggi e domani ed a lungo dominante sui Glücksburg e sui Mountbatten e sui Windsor comunque li si voglia chiamare.

Non è un gioco di parole, non è il “calembour” con cui si va a caccia di consensi o si intende solo provocare; per contro, si tratta di un tributo e di un riconoscimento di merito e di valore, al netto del giudizio storico che giocoforza – i fatti sono fatti, in quel regno durato 70 anni non tutto è luce e non tutto è gloria – risulterà non univoco e non unanime. Ed invece: questo “Elisabrexiting” ci dice e ci suggerisce che l’identità e la presenza della sovrana continueranno ad estendersi sul Regno Unito e sul Commonwealth ben oltre i tempi della sua vita fra di noi, ben oltre gli atti compiuti, ben oltre la barriera di separazione fra il profano e l’ultraterreno. Non è cosa da poco, quando una persona lascia di sé tale traccia nella storia.

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