Era la domenica di Pasqua, quel 25 marzo 1951; a cielo ancora scuro il cittadino Bussmann Alois di anni 51, mesi sei e giorni 12 si levò per la terza volta dal letto nella stessa notte, compì un’ispezione ultima saggiando passo dopo passo la consistenza del terreno e la resistenza dei pali e delle recinzioni, giunse al cancello ed aprì. Era il 25 marzo di 70 anni or sono come oggi, e di lì a poco i ticinesi si sarebbero trovati a capire che era scoppiata una rivoluzione nel concetto stesso di ospitalità, e nel contempo la Svizzera e parte del resto dell’Europa avrebbero scoperto – anzi, lo stavano già facendo – che qui poteva prendere forma un turismo “diverso”, un turismo popolare e non solo elitario. Sino ad allora, sempre ammesso che il pensiero fosse corso nella mente di qualcuno, in Ticino non era mai stata posta mano ad un campeggio inteso quale contesto organizzato, campeggio dunque tra natura e disponibilità dei servizi essenziali oltre che dell’assistenza di personale “dedicato”. Ci provò, e ci riuscì con fulcro su Mappo ossia a cavallo fra Tenero-Contra frazione Tenero e Minusio, uno svizzero confederato che aveva girato qualche fetta di mondo, per esempio quale giovanissimo e talentuoso cuoco di bordo su navi passeggeri che si spingevano nel cuore dell’Atlantico per circumnavigare l’Africa, e che poi si era dedicato alla ristorazione in Sciaffusa ossia a due passi dalle cascate del Reno, e ad inizio Anni ’40 era calato in Ticino ampliando gli orizzonti verso l’albergheria, per l’appunto stanziandosi nel Sopraceneri centrooccidentale.
Da cuoco di bordo ad imprenditore – Discendente dei Bussmann dinastici anche in politica e nel clero ed ancorati da più di mezzo millennio e quasi “ab immemorabili” fra lo Stäublig di Sigigen in Ruswil e fra il Seeblen ed il Lindenhof di Hergiswil bei Willisau, il lucernese Alois Bussmann aveva infatti preso redini e gestione dell’“Albergo Motta” a Tenero, anno 1942; con propria intuizione, con proprie risorse finanziarie, con propria attitudine al rischio, con proprio spirito di impresa l’estensione dello sguardo su un progetto che a sud delle Alpi aveva avuto corso legale solo nel 1949, in Italia, su un piazzale lungo corso Moncalieri a Torino. Ad Alois Bussmann interessava non un piazzale ma uno scenario strutturale e strutturato e che si inserisse in modo armonico nel contesto territoriale; lunga e paziente la tessitura di una rete di relazioni nazionali ed internazionali, fra le varie opzioni in essere – e vi fu anche chi fece spallucce – ecco la scelta di un “partner” da egida quale era il “Touring club svizzero”, sì, ma nella sezione di Ginevra. Prima superficie utile (ed attrezzata, dalle recinzioni alle docce all’elettrificazione completa) pari a 15’000 metri quadrati circa, cui appena due anni più tardi sarebbero stati aggiunti appezzamenti per altri 50’000 metri quadrati con formazione di un “unicum” dalla straordinaria solidità; accadde infatti che sin da sùbito i visitatori incominciarono ad affluire, auto con tende stipate tra bagagliaio e sedili posteriori, furgoncini stracarichi di famigliole, singoli o coppie in motoretta o a piedi, fuori il dito per strappare un passaggio, sulle spalle lo zaino con un semplice sacco a pelo arrotolato.
Verba volant, exempla trahunt – Accadde, per meglio dire, che persone di ogni età giunsero alle rive del Verbano, chi via strada su quattro o su due ruote, chi via rotaia, chi a piedi. La fama, meritata, un po’ dal passaparola ed un po’ dai “reportage” di cronisti capitati nel Locarnese ed incuriositisi al veder nascere, respirare e poi contrarsi, dalla primavera alle prime avvisaglie dei freddi autunnali, una comunità dal dirompente consenso: all’acme dell’attività, sedime e servizi furono garantiti sino a 2’200 tra “camper”, tende e “roulotte” in contemporanea, costituendosi dunque una vera e propria città a margine del paese e soverchiante per dimensioni. Numeri che non potevano non costituire motivo di sorpresa e di interesse, ma sia detto: sin dall’inizio quanto accadeva al “camping”, poi ridenominato “Lido Mappo”, divenne modello imitabile e da imitarsi. Sul Ceresio, già nel 1952, un paio di microaree “spontanee” e poi la bandiera del Tcs alla Piodella di Muzzano sotto la direzione di Karl Wyden; l’effetto di propagazione a macchia d’olio sarebbe stato fotografato nel 1963 con l’evidenza di complessivi 21 campeggi nel solo Locarnese, per un’estensione pari a quasi 38 ettari, e di 69 campeggi nell’intero Ticino, 77.52 ettari resi fruibili ed 8’912 tende.
Tra sogno ed utopia – Non che all’avvio, in verità, tutto fosse andato a meraviglia: tempo pochi giorni dall’inaugurazione della struttura, e gran parte del primo ettaro e mezzo finì alluvionato con una gamba d’acqua; il che, nella filosofia dell’ideatore del “camping”, rientrava semplicemente fra gli incerti del mestiere, nulla dunque che potesse scalfire una visione di lungo periodo. Visione: come il Ray Kinsella con il volto di Kevin Costner nell’“Uomo dei sogni”, Alois Bussmann aveva preconizzato rivoli, torrenti e fiumi di ospiti in arrivo da ogni dove ed attratti dalla magìa del luogo oltre che da un’offerta di soggiorno a prezzi abbordabili; non solo, egli confidava nell’avvento di un’autostrada che tagliasse la Svizzera da Basilea a Chiasso e di una dorsale che calasse via San Bernardino sino al Locarnese. Dal giorno della prima apertura sarebbero in realtà corsi cinque lustri esatti prima che cadesse l’ultimo diaframma nello scavo della galleria autostradale al San Gottardo, e da tale momento altri quattro anni e mezzo prima che l’arteria venisse inaugurata, ed Alois Bussmann non ebbe modo di assistere essendo venuto a mancare già nel luglio 1972; in un certo modo, a lui bastava l’aver “costruito” una destinazione, le infrastrutture minime di collegamento viario veloce sarebbero potute e dovute venire nell’epoca del “poi”. Qualche dispiacere era venuto anche dal contesto locale: contro il cattolicissimo Alois Bussmann, quando ancora Mappo era un mero prodromo di accoglienza, si scatenò una campagna di stampa orchestrata in ambienti con ambizioni moraleggianti, capintesta un sacerdote che, lungi dal comprendere quale straordinaria opportunità di apostolato fra migliaia di ospiti gli si fosse offerta, principiò a tuonare dal pulpito e sui bollettini parrocchiali contro la deriva dei costumi – come no? – che sarebbe inevitabilmente derivata dalla presenza di turiste in cerca del bagno di sole.
Una risata li seppellirà – Non fu di meno qualche esponente di forza politica conservatrice, misteriosamente ammutolitosi invece allorché a Tenero, nel 1955, sotto proprietà di famiglia “amica” e politicamente concorde mise radici un altro “camping” in clonazione del progetto di Alois Bussmann. Il quale si fece due risate, andò avanti ed incominciò a pensare ad altro: si trattava di migliorare anno dopo anno, di dare corpo ad una politica turistica “dal basso” (e proprio Alois Bussmann fu promotore dell’introduzione della tassa di soggiorno), di conferire sempre maggior professionalità all’offerta (geniale l’adozione di una strategia da vera e propria raccolta differenziata del vetro ovvero per far sì che gli ospiti si impegnassero a restituire i vuoti delle bottiglie) e di pensare a sviluppi possibili. Uno di questi sarebbe giunto, nel 1966, sull’uscita forzata da quella sede e sull’avvio del “Camping Verbano” in perfetta continuità storica con l’esperienza precedente. Nel frattempo, rilevata anche la proprietà dell’“Albergo Motta”, in ditta era giunto Peter Bussmann, figlio di Alois e proveniente da una formazione come disegnatore tecnico; negli sviluppi, e sino al 2009 anno della chiusura del “Camping Verbano”, a reggere le sorti sarebbero stati Peter Bussmann e la figlia Manuela. Ma queste, come si suol dire, sono storie del “poi”. In immagine (tutti i diritti di pubblicazione riservati al “Giornale del Ticino”), Alois Bussmanne il “Camping Tcs” nel 1961.