Per 50, più probabilmente 55, forse 60’000 svizzeri abitanti in Svizzera non vi è stato oggi alcun segno di rispetto e di grata riconoscenza da parte dell’autorità federale espressa nel nome di Alain Berset presidente uscente – e non più rientrante – della Confederazione elvetica: dell’allocuzione ufficiale sono state infatti diffuse registrazioni in italiano (grazie, ma era dovuto), in tedesco ed in francese, ma non in romancio che pure è lingua per la cui tutela, per la cui difesa e per la cui promozione sono investitit ogni anno – e giustamente – milioni di franchi. Per contro, Alain Berset dalla prossima dismissione dagli incarichi federali ha creduto opportuno il far registrare testi in inglese, in spagnolo ed in portoghese: lingue ovviamente degnissime, così come degnissimi sono i parlanti, ma non lingue della Svizzera. Come dice, signor presidente? Ah, ha voluto rivolgersi agli svizzeri all’estero? Oh, ma guardi che: a) gli svizzeri all’estero, di solito, un po’ della lingua d’origine riescono ancora a parlare (sì. Ci stiamo trattenendo); b) se era così difficile la lettura di un lungo testo in romancio, sufficiente sarebbe stato il dirlo con l’accompagnamento di un sorriso e di due frasi essenziali, compreso l’impegno a studiare qualcosa della lingua in futuro; c) in ogni caso, non c’è motivo di discriminare gente svizzera che non sta all’estero. Tipo gli amici che si esprimono in sursilvan, o in sotsilvan, o in vallader, o in putér, o in surmiran. Ad ogni modo, viva la “chara lingua da la mamma, tü sonor rumantsch ladin”.