Trucchi da imbonitori di piazza, ma roba che funziona a tutt’oggi: prendi la carta intestata di una ditta, o riproduci il marchio su fogli ordinari per dare una parvenza di legittimità e di credibilità alla missiva, incominci a far muovere piccole quantità di merci e le paghi puntualmente, magari sull’unghia sicché l’interlocutore si sente rassicurato, poi allarghi il “giro” e spari un paio di colpi grossi, a breve distanza l’uno dall’altro, ovviamente giocandotela sulle scadenze a 30 o a 45 giorni ed omettendo sia l’uno sia l’altro pagamento; quando verranno a cercarti per l’insoluto, del resto, busseranno alla porta della ditta della cui identità societaria hai abusato, o nella migliore delle ipotesi faranno riferimento ad un’impresa effettivamente costituita da terzi, da te o da tuoi prestanome rilevata ed infine svuotata di qualsivoglia sopravvenienza attiva. È insomma una truffa vecchia di 100 anni almeno, nulla di cagliostrano e molto alla Tewanna Ray alias “Capo Cervo bianco”, quella su cui il ministero pubblico sta indagando in ragione di una serie di truffe al credito già poste in essere e che via via assumono caratteristiche di operazione sistemica, basso il coefficiente di rischio ed elevati i benefici, foss’anche che solo un interpellato ogni 10 abbocchi all’amo.
Cose note: a) trattasi di sodalizio criminale, quindi di più soggetti e con diverso grado di responsabilità nella piramide, vari gli operativi; b) attività in Ticino, in vari Cantoni d’Oltresangottardo ed all’estero; c) “modus operandi” primario, usurpazione dei nomi e dei recapiti di aziende esistenti ma che, già ad un primo accertamento, sono risultate estranee ai fatti; d) “modus operandi” secondario, utilizzo di società appositamente acquistate, private di qualunque capitale e di qualunque strumento (difficile se non impossibile, dunque, il rivalersi); e) facendo leva su quanto indicato ai precedenti punti (c) e (d), contatto con i bersagli designati ed avvio di negoziati commerciali al fine di acquisire rilevanti quantità di merci. Aspetto interessante: l’interesse (truffaldino) viene manifestato per ogni possibile tipologia di beni banali e di lusso, sicché al momento risultano trattative – tentate, fors’anche riuscite in qualche caso – per referenze alimentari stoccate, formaggi, salumi, cioccolato, prodotti enologici di buon valore, liquori, profumi pregiati, elettrodomestici, sigarette elettroniche, utensili e persino strumenti per il “catering”).
I sospetti, chiaro, possono sorgere anche a prima vista. E qui il sistema si regge sulla distrazione altrui, perché vengono fornite “prove” con documenti falsificati in vario modo, dalle ricevute di pagamento postali con timbri farlocchi ai falsi timbri delle società di cui viene spesa indebitamente la ragione sociale agli indirizzi “e-mail” modificati in una lettera o in un numero. Solita raccomandazione, quindi: se vi càpita di essere contattati da soggetti ignoti, verificare e riverificare; il costo di una telefonata potrebbe mettervi al riparo dalla fregatura da cui non sareste magari in grado di riprendervi. Ed informare le forze dell’ordine, nel frattempo: eventuali vittime (si spera, ancora allo stato potenziale) non esitino a mettersi in contatto con la Polcantonale.