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L’editoriale / 10 anni di “Giornale del Ticino”, 10 anni di lettori amici

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Oh, dunque. Nello stesso giorno in cui celebrano il genetliaco un ex-hockeysta come Brent Sutter dei sette fratelli Sutter (tutti sul ghiaccio, sei al massimo livello “pro”) ed un fumettista come Thomas Ott, ma anche Cheung Ka Long, fiorettista di Hong-Kong (come direbbe l’attore Fabio De Luigi, cerchiamo di non perdere di vista Cheung Ka Long di Hong-Kong, soggetto della cui esistenza abbiamo in realtà appreso solo stamattina…), in questo stesso giorno che è poi il 10 giugno cioè oggi, il “Giornale del Ticino” va al traguardo dei 10 anni di vita. In traduzione, 3’653 giorni, un congruo numero di settimane e di mesi e di ore e di minuti, articoli, titoli, interviste, storie, riflessioni, fatti. Soprattutto fatti: cose di cronaca raccontate in chiave di cronaca, pari l’impegno sia che si tratti d’un’elezione sia che s’abbia a parlare d’una minima questioncella paesana. Nessun inseguimento agli “scoop”: su qualcosa si giunse primi (non c’è di che gloriarsi), su tutto si arrivò sempre nel rispetto della verità (e questo ci preme). La regola è quella di sempre: onesta rappresentazione del reale, nulla di più, nulla di meno; e l’essere un “home companion”, una presenza (da qui la stretta integrazione con le nostre pagine “social”, su “Facebook” e su “Instagram” soprattutto) a fianco del territorio e dei territori, con il buonsenso come base della cultura e come antidoto sia agli urlatori che sparacchiano alla luna sia ai legulei che di un codice fanno arma, e non strumento.

Non stiamo nemmeno a raccontarvi di quel che è cambiato, all’intorno, rispetto al primo giorno di uscita del GdT: tutti, noi e voi, siamo testimoni dell’evidenza, e nella peggiore delle ipotesi spunta sempre fuori un album di fotografie a dirci di questo e di quello. Possiamo tuttavia formulare un ragionamento – ed estenderlo al lungo termine – sul “che cosa” è cambiato nell’editoria: il cartaceo si è ridotto sino a liofilizzarsi; il radiotelevisivo si è concentrato; il “web” si è contratto per qualità e dilatato per numero di attori, parte dei quali sono nei fatti meri aggregatori di comunicati-stampa o “blog” travestiti da presenza cronistica. Di più: solo qualche anziano del mestiere, tra coloro che rimangono sul campo, riesce a ricordarsi del Ticino in cui battagliavano sette quotidiani (“Gazzetta ticinese”, “Corriere del Ticino”, “Il Dovere”, “Libera stampa”, “Popolo e libertà”, “Giornale del popolo” ed “Il quotidiano”) ed un trisettimanale (“L’eco di Locarno”); non ci sentiamo proprio di affermare che la qualità di quella stampa – non esistevano ancora i domenicali, che costituiscono percorso a sé stante – si sia trasferita su InterNet, pur essendosi per molti versi semplificato il lavoro (si pensi agli strumenti ora disponibili, si pensi all’avvenuta eliminazione di vari elementi intermedi nella filiera di produzione). Qualcosa di analogo invero c’è; essendo materia poco commendevole, si sorvola.

Aggiungeremo invece che qui a bottega si continuerà a fare al solito modo, sino a che ci andrà di pubblicare questo quotidiano. Potrà capitarci di mettere la nascita di un lacualissimo cignetto quale notizia di apertura: sono nostre scelte. Potrà accadere di esprimere tesi controcorrente. Potrà avvenire che di una storia si dia qui l’anticipazione, e magari l’esclusiva con margine temporale di mesi, e che poi altri arrivino a scipparla. Due cose non potranno invece succedere: che vi si dia una notizia per il gusto di andare all’acchiappo dei “click”, e che vi si dia una notizia agendo in subordine a terzi ovvero per fare un favore a Tizio o a Caio. Per le comunicazioni “di comodo”, tranquilli, ci sono ben altre e ben più condiscendenti sponde. Noi si resta così, con un obiettivo: quello d’essere un secondo quotidiano indispensabile, o almeno utile. Leggete, leggete tutto il leggibile, e poi (o prima; meglio prima, anzi) venite a leggere quel che raccontiamo, ed a scoprire il “come” lo raccontiamo. Non vi chiediamo soldi, tra l’altro. Se vi va di farci un regalo, per questi 10 anni condivisi, un modo tuttavia c’è: nel caso non siate “fan” del giornale su “Facebook”, iscrivetevi; e nel caso lo siate, spedite un invito a 10, magari 20, magari anche 30 o 50 vostre conoscenze di “Facebook” e raccomandate loro di diventare anch’esse “fan”. Siate nostri “sponsor”, insomma: “sponsor” di un pensiero libero, di un impegno quotidiano, di un’attenzione costante alla persona. Ci fareste, ci farete felici.