Non fu omicidio intenzionale, a differenza di quanto affermato e preteso dall’accusa nella persona del procuratore pubblico Arturo Garzoni; da una richiesta di carcere per 12 anni, dunque, se la caverà con cinque e per omicidio colposo (più altri reati non afferenti) l’ora 23enne che nella notte tra sabato 22 e domenica 23 aprile 2017, nell’atrio della discoteca “Rotonda club” – nulla a che vedere con il quasi omonimo ristorante, il cui accesso si trova a distanza di una ventina di metri sul piazzale privato – di via San Gottardo in Gordola, sferrò un pugno all’indirizzo di un 44enne residente nel Mendrisiotto, doppiando il colpo con una spallata; il 44enne, trovatosi sulla strada del giovane che stava inseguendo una ragazza con cui erano volate parole grosse tanto che l’amica si era per l’appunto allontanata in fretta e furia, era caduto all’indietro riportando lesioni poi rivelatesi fatali. Non vi era intenzione di uccidere, ha riconosciuto oggi in sentenza il giudice Amos Pagnamenta, valutando sia la situazione di contesto (spazi ristretti per il movimento), sia l’atteggiamento tenuto dal 23enne (che, dopo aver colpito, proseguì nel tragitto, convinto dunque di aver causato un danno irrilevante), sia l’effettiva assenza di una letteratura medico-giuridica dalla quale risulti che un pugno dato in via incidentale – cioè senza effettiva aggressione “mirata” e senza premeditazione – possa determinare la morte (in circostanze d’altro genere, invece, ciò accadde anche alle nostre latitudini).
Cinque anni in tutto, considerandosi anche l’infrazione alla Legge federale sugli stupefacenti, le lesioni e le minacce; alla vedova della vittima ed ai due figli rimasti orfani, inoltre, andrà un risarcimento di 150’000 franchi complessivi. E, sullo sfondo, quel che molti si sono detti in questi due anni: sarebbe potuto accadere ad una qualunque persona.