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Follow the goat / “Tilo” e affini, o del viaggiatore insardinato

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Bastano poche, elementari osservazioni epiteliali ed empiriche per capire il motivo della decadenza dei “Tilo” nella considerazione generale dei viaggiatori. Dopo anni in cui il grado di soddisfazione era propagandato intorno al 90 per cento (nove su 10), media più ragionevolmente riportata all’84 per cento (sei su sette) in séguito, l’apprezzamento dichiarato si colloca ora di poco sopra la metà degli utenti, facciamo un tre su cinque. Tre soddisfatti su cinque circa il servizio “Tilo” non significa tuttavia che vi siano tre soddisfatti su cinque circa il traffico regionale su rotaia; se una raccolta di dati avesse luogo su tutte le tipologie di vettori, insomma, forse si farebbe l’uno su tre, e grasso colerebbe.

Per quanto è ancora accettabile, da parte dell’utente, un’offerta qual è quella proposta sulla rete ticinese? Risposta secca: nemmeno un giorno. È questa, infatti, un’offerta cui in più fasce manca il senso stesso della misura: nelle ore di punta, mattino e pomeriggio, condizioni di viaggio espresse in centimetri quadrati disponibili “pro capite”, trasferimenti a scatola di sardina (nella percezione propria della sardina…), ritardi, cambiamenti di binario annunciati all’ultimo istante, soppressioni, riduzioni improvvise nella composizione del convoglio (se 200 persone aspettano un treno con sei casse e che si presume essere vuoto e poi il treno giunge in composizione da quattro casse ed è già pieno, qualcuno troverà posto a sedere, qualcuno rimarrà in piedi e qualcun altro rinunzierà a salire per disperazione). Vale, ciò, per tratte come Lugano-Bellinzona (il transito da Lugano a Lamone-Cadempino meriterebbe un ragionamento a sé stante) e Bellinzona-Giubiasco-Locarno in particolare; non è che da Chiasso a Mendrisio e viceversa le cose stiano granché meglio, ma si sa, ciascuno va a parametrare le esperienze secondo il vissuto, ed il vissuto di uno che abbia a lungo pendolarizzato per qualche decina di chilometri è una bella somma di esperienze, non tutte piacevoli e non tutte memorabili.

Non si nega, no, che un contributo al disagio è dato spesso dai viaggiatori: quelli che si rifiutano categoricamente di appoggiare la valigia nell’apposito alloggiamento sopra i sedili, quelli che in disponibilità di quattro posti ne occupano due con le chiappe e due con le giacche, quelli che il bagaglio tengono rigorosamente a fianco del sedile e cioè nel corridoietto, quelli si collocano sullo strapuntino (sediletto laterale) e con le gambe fanno ponte attraverso il corridoio di uso comune. Ma queste sono evenienze risolvibili con una ragionevole azione di controllo e di dissuasione, un po’ di civismo nel mondo della civiltà, insomma. Non risolvibile dall’utente sono invece la quasi sistematica incoerenza fra tabellone orario ed effettiva disponibilità del treno e la carenza del minimo vitale a bordo (“toilette” con porta bloccata, “toilette” fuori servizio, “toilette” in servizio ma priva di acqua dal rubinetto, “toilette” in servizio e con acqua dal rubinetto ma priva delle elementari condizioni igieniche, ed altro). Cioè quel per cui, tra l’altro, si paga.

Ai futuri altri 89 granconsiglieri proporrei per prima cosa, da eletto, una sessione collettiva “extra moenia” ed itinerante. In treno, su treni regionali, il giro del Ticino (per quanto possibile, compreso un viaggio sulla Lugano-Ponte Tresa): non per una gita, ma per una presa di contatto con il reale. Agli orari “giusti”, non a quelli in cui le statistiche possono diventare addomesticabili; si avrebbe un riscontro assai diverso da quello percepito per “sentito dire”, o perché una tabella racconta quel che il mondo non dice.

Alessandro “Bubi” Berta, candidato numero 60 al Gran Consiglio,

lista Udc numero 16