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Covid-19, le “concessioni” di Berna: un paio di parenti in più a casa

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Il nulla cosmico offre Berna, il nulla: non avremo riaperture di bar e ristoranti, in Ticino ed in ogni altro luogo dell’Elvezia, nel breve. Vabbè, san Giuseppe ce l’eravamo già giocato da quel dì; ma si sarebbe ripartiti domenica 22, no? No, manco per un prospero. Ah, allora per la Settimana santa, in vista della santissima e sospirata Pasqua che speravamo già l’anno scorso potesse essere punto terminale della lunga e sofferta Quaresima, okay? Okay un prospero-bis. Esatto, niente Pasqua “allentata”, niente restituzione (nemmeno in parte sensibile) della libertà individuale di accedere a servizi conviviali. Peggio: niente sino a giovedì 22 aprile (sissignori, oltre un mese da oggi), perché no se puede señor ed anzi tutto peggiorerà nella diffusione del “Coronavirus”, avremo infettati a centinaia ed a migliaia, fra tre settimane un raddoppio secco rispetto a stamane, e tre settimane dopo un altro raddoppio. Volendosi e dovendosi andare al sodo, le cose così stanno: ai titolari ed ai gerenti di attività non sarà consentito nemmeno di riaprire le terrazze, sino a nuovo ordine che a questo punto potrebbe anche giungere nel giorno del mai, e non saranno consentite manifestazioni con presenza di pubblico. Unica concessione: in casa, laddove era data la facoltà di accogliere “pro tempore” – il tempo di un pranzo, di una cena, di un caffè – qualche familiare con limite complessivo a cinque unità fisiche, avremo ora modo di festeggiare e di celebrare “ad libitum”. Seee: “ad limitem”, grossolanamente dicendosi; anziché cinque, 10. Sai quale piacere, sai quale esultanza.

Tutto ciò avvenne dacché, con il consueto piglio da segretario generale del Pcus in epoca post-leninista e cioè sulla cifra propria di uno che a tutti chiede l’opinione e poi la tratta esattamente alla stregua di un’opinione da acquisirsi a doppio forno (se coincide con quel che penso io, bene, si può servire alla clientela; se non risulta congrua e conforme, essa sia lasciata li a diventar carbonella), Alain Berset da Palazzo federale dispensò oggi un’altra stilla del suo sapere infinito, profilatticamente decretando che nella politica delle restrizioni igienico-sanitarie per codesta novità che nomasi pandemia restino in vigore le barriere in essere, con validità del provvedimento senza “se” e senza “ma” e senza eccezioni territoriali e senza riconsiderazione di parametri che inutilmente continuano a lampeggiare con l’evidenza delle insegne di casinò a Las Vegas o dei “sex shop” sulla Reeperbahn ad Amburgo quartiere Sankt Pauli. Non vedono problemi di contagio nell’ingresso quotidiano di 55-60’000 frontalieri cui si aggiunge quello con diversa cadenza di altri 10-15’000, a Berna, benché ora siano in “zona rossa” covidiana le province di Varese, di Como, di Lecco e del Verbano-Cusio-Ossola; e non li vedono al punto da opporsi a qualsiasi richiesta di rinforzo degli organici e/o dei controlli sul confine, o magari di diverso filtraggio (in analoga condizione di “lockdown” peninsulare, come si ricorderà, erano stati chiusi vari punti di valico con reindirizzamento del traffico veicolare e di quello pedonale su assi prioritari, e nessuno morì per quello). Non rilevano poi, a Berna, la questione del disagio che si determina nella serie martellate di quarantene di classe o di istituto, tra l’altro con annunci che giungono alle orecchie dei genitori degli allievi nell’immediatezza dell’applicazione del provvedimento. Non affrontano inoltre, a Berna, l’aspetto proprio dei trasporti pubblici. No, a Palazzo federale – scusate se si parla della stasi nel “qui ed ora”, senza sguardo fiero verso l’orizzonte e muovendo in direzione ostinata e contraria – lasciano che si rimanga in questo brodo, sulla falsariga di una strategia di contenimento rivelatasi fallimentare, e dopo aver ammazzato l’intera stagione turistica invernale faranno un falò della Pasqua e del tempo seguente.

Che si fa, che si farà, che s’ha da fare? Si risponde: nel rispetto di distanziamenti e mascherinate, essere creativi. Ospitiamo, accogliamo: gli alberghi saranno aperti, e dove c’è albergo con servizio di ristorazione almeno la godenda è garantita. Qualcuno ci sta pensando, qualcuno è già arrivato sull’obiettivo, che è poi una soluzione in qualche modo salvifica. E sì, è merce sul confine dell’“escamotage”. Ma il difendersi dall’assurdo, in certi momenti, è un mero diritto.

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