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Covid-19, l’appello di Bellinzona: «Berna agisca alle frontiere»

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Servono controlli puntuali e sistematici ai confini, perché dal traffico transfrontaliero non può venire altro che un aggravio di problemi, e tale aggravio coincide in qualche modo ed in qualche misura con l’aggravamento della situazione epidemiologica; e serve che sui valichi, in via transitoria, si torni alla formula del convogliamento, ossia con l’indirizzo dei flussi sulle direttrici più note e meglio presidiate e con la chiusura, sempre “pro tempore”, dei punti di transito meno importanti. Netta e secca l’istanza formulata nelle scorse ore da Palazzo delle Orsoline in Bellinzona, sponda Esecutivo, con lettera diretta al Consiglio federale; sullo sfondo, la recente recrudescenza della pandemia da “Coronavirus” ed i più che necessari provvedimenti adottati e forse ancora da adottarsi in modo da non vanificare gli sforzi in essere sul territorio cantonale.

Sintesi della comunicazione: a) la questione del controllo alle frontiere è “tuttora irrisolta”; b) mancano “controlli sistematici”, ed in assenza di controlli sistematici sussiste il rischio di azzerare i benefici che si presume derivino dalle politiche restrittive (chiusure di bar, ristoranti, negozi, strutture collettive; accessi vietati a strutture sanitarie; azzeramento dello sport non professionistico, addirittura con eliminazione di sacche dell’attività ludico-agonistica nella fascia giovanile). In tal senso, e per l’appunto, un interrogativo: come è possibile che a sud sia tutto consentito, nel senso che magari sono vietati gli spostamenti tra l’una e l’altra regione italiana ed in alcune aree è vietato persino lo spostamento da Comune a Comune nella stessa Regione ma non è stata posta obiezione ai trasferimenti da e verso Stati confinanti? E dal momento che nessuno sembra aver interesse a porre simile domanda (figurarsi a rispondere alla medesima…), non è che Berna sarebbe disposta a rimettere sul campo taluno fra i provvedimenti a suo tempo adottati ed applicati, epoca per l’appunto della “fase uno” a primavera scorsa, ovvero la chiusura dei valichi minori (magari con la salvaguardia di una fascia oraria il mattino e di una fascia oraria tra pomeriggio e sera, soprattutto laddove abbia luogo il transito più frequente del personale sanitario) e l’applicazione di un sistema di filtraggio adeguato sui valichi maggiori; richiesta, si noti, già formulata mercoledì 4 novembre e lunedì 21 dicembre.

Istanza supplementare: auspicabile, nel pensiero dell’autorità politica cantonale, sarebbe il sottoporre in modo sistematico ai “test” rapidi anti-“Coronavirus” tutti i viaggiatori – e si cita testualmente – “che rientrano in Svizzera da viaggi all’estero, in particolare da aree a rischio, anche europee”. Su una definizione generica del concetto di “viaggiatore”, e dovendosi anche valutare la portata del termine “rientro”, in potenza c’è uno spettro dallo zero al 100 per cento dei controlli.