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Cantonali 2019 / Governo, il BelTramonto di Paolo il BelTradito

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(ULTIMO AGGIORNAMENTO, ORE 17.55) Sull’ormai sicura estromissione di Paolo Beltraminelli a vantaggio di Raffaele De Rosa, suo collega in quota Ppd, si è giocata questo pomeriggio la sfida per il Consiglio di Stato nelle Cantonali 2019, corsa già esauritasi invece dopo pochi istanti – al di là degli scostamenti percentuali verso l’alto o verso il basso – per quanto riguarda i rapporti di forza tra le formazioni rappresentate nell’Esecutivo; alle cifre odierne, avremo infatti due leghisti (Norman Gobbi davanti a Claudio Zali, in ribaltamento dei numeri di quattro anni or sono), un liberale-radicale (avanti Christian Vitta sui concorrenti; staccato Alex Farinelli), un socialista (orientamento sulla riconferma di Manuele Bertoli, incalzato tuttavia da Amalia Mirante ad un migliaio di crocette) ed un pipidino. Qui, per l’appunto, è assodato il sorpasso dell’“outsider” sul titolare del Dipartimento cantonale sanità-socialità, almeno per quanto emerge all’ultima rilevazione laddove il vantaggio di Raffaele De Rosa si situa al momento intorno ai 4’000 preferenziali; un’enormità, pur essendo stati scrutinati meno di 90 dei 115 Comuni e mancando alcuni grossi centri (da Mendrisio, già storico feudo pipidino, un’altra e larga conferma della prevalenza di Raffaele De Rosa su Paolo Beltraminelli). Fatto rilevante ma non irrituale, nella politica ticinese, il siluramento del detentore del seggio ad opera di uno sfidante interno, e si ricordi a tale proposito il caso di Laura Sadis radicale a scavalcamento di Marina Masoni liberale; nessuno si aspettava tuttavia che già dall’avvio il risultato fosse così infausto per l’uscente, penalizzato senza dubbio dagli strascichi del “caso Argo1”. Per conseguenza, l’Esecutivo sarà composto da quattro sopracenerini e da un solo sottocenerino, nemmeno luganese, tra l’altro; ma è il meno in una giornata nella quale gli equilibri, prima ancora che le persone, sono mutati in misura imprevedibile. Discussione chiusa, per Palazzo delle Orsoline, anche se sin verso le ore 16.00 molti fingessero ancora di voler gettare acqua sul fuoco: tra questi Fiorenzo Dadò, presidente del partito, che insisteva nel focalizzare l’attenzione sull’“aria buona che si respira, avendo noi voluto presentare una lista molto competitiva al fine di permettere a tutti i nostri candidati di conquistare e di farci guadagnare voti”. Guadagno che ribalta una tendenza in essere, si noti, sin dal 1983, e sempre da configurarsi alla luce del netto calo nel numero dei votanti (tasso di partecipazione al 61.07 per cento reale, dopo indicazioni provvisorie – ma ribadite a lungo – al 59.60 per cento).

Sorprese, non poche, sempre facendosi la tara alle proiezioni ed ai dati parziali. Non produce l’effetto “uno più uno” l’alleanza tra Lega dei Ticinesi ed Unione democratica di centro, tema che sarà al centro delle analisi soprattutto domani ovvero sullo spoglio dei risultati per il Gran Consiglio dove le due formazioni si presentano divise: valendo la proiezione, calo al 27.9 per cento in somma, cioè circa 4.3 punti percentuali, con danno relativo per la pattuglia di via Monte Boglia dal momento che obiettivo primario dell’accordo era la difesa dei due seggi e, dunque, della maggioranza relativa nell’Esecutivo. Maggioranza che, tra l’altro, i leghisti potrebbero strappare ai liberali-radicali anche in Gran Consiglio, perché ad Atene piangente corrisponde una Sparta tutt’altro che allegra, nelle forme del Plrt al 24.7 per cento ossia in perdita pari all’1.6 per cento circa; lontano mille miglia l’obiettivo della riconquista del secondo seggio secondo il messaggio elettorale “Facciamolo”, improbabile a questa stregua anche la pretesa di rivendicare il Dipartimento cantonale educazione-cultura-sport. Motivi? Vari quelli possibili, uno quello certo: il “soccorso rosso” portato dall’ala radicale al Partito socialista, classificato intorno al 17.3 per cento con progresso pari al 2.5 per cento e forse con riflusso dall’area dei “Verdi del Ticino”, frammentatisi nel corso dell’ultima legislatura e precipitati al quattro per cento circa (meno 2.6).

In spinta, fors’anche sulla dicotomia tra Paolo Beltraminelli e Raffaele De Rosa, proprio i pipidini litigiosi per quattro anni e non privi di pecche, ma rilanciatisi sino ad un 18.5 (più 1.0) per cento. Preoccupante il passo delle altre compagini: un’eventuale replica dei dati sul Gran Consiglio porterebbe al salvataggio del seggio del Movimento per il socialismo ed all’ingresso di un’esponente – anzi, forse due rappresentanti – di “Piùdonne” mentre sul filo dell’eliminazione sarebbero Partito comunista e “MontagnaViva”. Un fatto resta: Paolo Beltraminelli, uno rimasto a lungo come parafulmine per tanti difetti altrui (in cumulo con i propri, mai negati e mai sottaciuti dall’interessato), ammette la sconfitta con due righe all’indirizzo di Raffaele De Rosa e diventa un BelTravolto dagli eventi. BelTravolto, ma fors’anche BelTradito (e messo in croce: emblematica l’immagine, in seconda e pregnante lettura) da quanti gli facevano bella cera sino a stamane, e che per otto anni gli avevano sorriso. Una riprova? Distacco siderale da Raffaele De Rosa, ed al momento margine di sole 700 schede su Alessandra Zumthor, sorprendentemente terza.