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Calcio / Lugano, niente “bis”: allo Youngboys la Coppa Svizzera

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Non delusione, no. Rammarico, tanto. Da disperazione, anche. Non si può perdere così una finale di Coppa Svizzera: per quel che ha mostrato nel secondo tempo, il Lugano avrebbe meritato di confermarsi, tutto qui. E ci è arrivato vicino, sfiorando il 2-2 – in rimonta dallo 0-2 – con due conclusioni negli ultimi tre metri al minuto 83, quando lo Youngboys pareva sulle ginocchia; sul rilancio, invece, l’1-3 scaturito dalla casualità e perfezionato dall’ignoranza. Poi (87.o) la fiammata individuale di Renato Steffen, 2-3 con nove minuti reali ancora spendibili, tre dai regolamentari e sei dal tempo di recupero; ma nulla, il trofeo è stavolta dello Youngboys che arriva a quota otto su 16 finali disputate – e fa doppietta con il titolo nazionale – mentre la pattuglia ora allenata da Mattia Croci-Torti rimangono a quattro successi (1931, 1968, 1993 e 2022) su 10 partecipazioni all’atto conclusivo. Esulta il “Wankdorf” di sponda giallonera; lacrime nel “Wankdorf” presidiato da 11’600 tifosi bianconeri, quattro volte un’affluenza di picco al “Comunale” durante il campionato, altra trasferta epocale; morale azzerato anche laddove era comparso un maxischermo per la visione in pubblico, dall’entusiasmo all’amarezza in piazza Riziero Rezzonico, eh.

E no, non si riesce a dire “Pazienza”, stavolta. Non si riesce perché nella prima frazione di gioco, pur tenendo per bene le redini dell’incontro tanto che a rigor di tabellino rilevansi per gli ospiti solo un colpo di testa (31.o) ed uno di spalla (39.o) del brillante Allan Arigoni ed una combinazione tra Jonathan Sabbatini, Ignacio Aliseda e Zan Celar (36.o), i bernesi avevano azzeccato un vantaggio fortunoso su mezzo infortunio di Amir Saipi che del Lugano sarebbe il portiere: palla da calcio d’angolo, spizzata di Jean-Pierre Nsame attaccante, due o tre deviazioni, sfera in rete (19.o). Quando però tutti avevano ormai la testa all’intervallo e con opposte sensazioni (“Siamo avanti e la portiamo a casa”, “Siamo sotto ma lo scarto è al minimo sindacale”), ed anzi il Lugano era riuscito ad attivare anche un Milton Valenzuela insolitamente abulico (44.o, tiro telefonato ma pur sempre un tiro che su campo infame non si sa mai quale fine potesse fare), ecco la mazzata: terzo minuto del recupero, palla priva di senso e spiovente, in salto Jean-Pierre Nsame attaccante ed il già menzionato Amir Saipi; presa difettosa o affatto mancata da quest’ultimo, forse una risibile traccia di contatto, cosa è che il gollonzo è confezionato e gran merito non può menare l’autore, per capirci. Mattia Croci-Torti l’unico a crederci, su uno 0-2 così maturato. A crederci, e con la convinzione di porterla ribaltare: rimarrà un “quasi”, ma di quelli belli belli.

Perché lo spirito della squadra, alla ripresa, è tutt’altro. Dentro Mattia Bottani, risorsa da centellinarsi e che dicono avesse nelle gambe non più di tre quarti d’ora da campo aperto; sette minuti di sgambatura, indi palla ricevuta sui 16 metri, controllo e sabongia sull’angolo basso a sinistra, 1-2 (52.o). Dubbio su intervento di Albian Hajdari in area, fallo da rigore /57.o) al 94.8 per cento ma nella testa dell’arbitro la spunta quel 5.2 per cento residuo e dunque niente dischetto; replica Lugano (59.o) con ciabattata di Ousmane Doumbia, altri 60 secondi e qualcosa di molto simile da Jonathan Sabbatini, ma sul lato opposto. Al 66.o una decisione perentoria: richiamato Zan Celar, che nel modulo 3-4-2-1 di avvio era il “puntero” ma stavolta boh, e dentro il motorino Mohamed el-Amine Amoura; sul rientro in panca, comprensibile la reazione nervosa dello sloveno, poco commendevole il labiale. Da distanza ravvicinata (71.o) un salvataggio di Amir Saipi in due tempi; rovesciamento di fronte, Marvin Keller a fare lo stesso ma a blocco unico (73.o). Finale già anticipato: Lugano sullo stile dei 600 a Balaklava, cavalleria leggera a cinque punti in assalto frontale contro fronte schierato di artiglieria, Mattia Bottani ci prova ancora con un’incursione da lama calda nel burro aprendosi la strada con il fioretto; infine, i due episodi decisivi, palla a zero metri dalla linea per due volte in cinque secondi, nulla; ripartenza nemmeno troppo convinta dei bernesi, una prima volta Amir Saipi respinge ma nella seconda si va dritti nel cuore della sciagura, e quello di Meschak Elia (85.o) è un goal semplicemente impresentabile secondo criteri estetici, eppure vale uno come tutti gli altri. Renato Steffen trascina al 2-3, padroni di casa ansimanti, qualcuno prende l’abitudine di darsi per morto appena sia stato toccato ed il cronometro corre, purtroppo, mutando il sogno in utopia.

Era “solo” la Coppa Svizzera. Ma girano, eccome se girano, caro Amir Saipi.