Pare destinato a rimanere senza un colpevole conosciuto l’omicidio di Lidia Macchi, 21 anni non ancora compiuti all’epoca del fatto di sangue occorso nella notte fra lunedì 5 e martedì 6 gennaio 1987 a Cittiglio (Varese). Stefano Binda, amico della ragazza, tratto in arresto nel gennaio 2016 a clamorosa riapertura di un canonico “cold case” e condannato all’ergastolo in primo grado (aprile 2018), è stato assolto oggi in Corte di assise d’appello a Milano, prima sezione, “per non aver commesso il fatto”; smontata dunque la tesi dell’accusa, ad avviso della quale solo dalla mano di Stefano Binda – oggi 51enne, sin dall’inizio proclamatosi innocente e per di più a distanza di quasi 250 chilometri al tempo del delitto – poteva essere uscita la poesia “In morte di un’amica”, già acquisita agli atti e nella quale sarebbero stati riconoscibili alcuni aspetti connessi alla morte violenta di Lidia Macchi. Dopo l’assoluzione, Stefano Binda è rientrato brevemente al carcere di Busto Arsizio (Varese) per l’espletamento di alcune pratiche ed è stato infine rimesso in libertà. Nella foto, Lidia Macchi.