Matrimonio di convenienza e di interesse, unico esito l’aver cancellato anche le residue vestigia identitarie e distintive dei “Verdi del Ticino” a questo punto fagocitati dalla forza egemone, quello rato e consumatosi stasera al “Forum” di Bellinzona dove 270 esponenti della base del Partito socialista, nelle forme statutarie previste ossia in Conferenza cantonale, hanno dato il “via libera” alla lista unica per il Consiglio di Stato alle Cantonali prossime venture. Modalità adottata secondo l’indirizzo venuto dai copresidenti, e dunque formula equitativa con due socialisti, due verdisti ed un “outsider” che – guarda un po’ il magheggio – verrebbe attinto dalla solita e celebratissima sbandieratissima “società civile” in sistematica riesumazione a ridosso degli appuntamenti elettorali, quasi che debbasi attestare giocoforza l’esistenza di un mondo “a sé” nella cui cornucopia si trovino incredibili ed esuberanti disponibilità di soggetti sino ad oggi sempre alieni da propensioni politiche, figurarsi da affiliazioni e da tesseramenti. Caduta in corso d’opera, per effettivo ritiro, l’ipotesi alternativa – già ribattezzata “mozione Amedeo Nazzari” dai detrattori: riferimento da àmbito comico-teatrale – e che si strutturava nella più logica prevalenza dei socialisti con tre candidati su cinque, lasciandosi cioè due posti ai “Verdi del Ticino” sulla scorta almeno del bacino elettorale sino ad ora espresso. Si tratterà ora di andare alla ricerca degli ascari o degli “sherpa” – secondo le preferenze geografiche – che si prestino a portare acqua ossia voti alla causa, unico obiettivo possibile la piazza d’onore in lista ché per scardinare la zarina Marina Carobbio Guscetti figlia di Werner, già granconsigliera e poi consigliera nazionale ed ora consigliera agli Stati e soprattutto graziosamente offertasi di venire a raccogliere l’omaggio d’un seggio in Governo, non basterebbe un “Putsch” con presa d’ostaggi in ogni Casa del popolo (è un’iperbole, neh, prima che ci s’accusi di fomentare il disagio nella Sinistra). Zarina, o Mzarina come da felice crasi parimenti circolante tra gli oppositori interni, spunta persino una parvenza di richiamo al noto cardinale francese che fu principale ministro del “Re Sole” dopo la pari eminenza duca di Richelieu, insomma un bel giochino di parole.
Rimangono in ballo cose che invece pensano, eccome, su uno che a sinistra abbia il cuore o che semplicemente pensi che un po’ di socialdemocrazia nell’Esecutivo sia almeno scaturigine di dibattito su scelte che investono la quotidianità in espressioni quali scuola lavoro pensioni assistenza sanitaria anziani protezione dei minori. Questioni di cifra e di stile: è ormai chiaro il fatto che sotto lo stesso ombrello si trovano almeno due concetti di Partito socialista, e che la quota predominante per numeri non esita ad usare la mannaia sulla quota soccombente, demonizzandone figure e competenze; altro che dialettica dei valori, la si veda alla Benedetto Croce o alla Dyonis Mascolo non importa anche se quest’ultimo dovrebb’essere meglio centrato sul tema, qui c’è chi spara a palle incatenate su un’Amalia Mirante – è il bersaglio più grosso – dalle indichiarate colpe, talché ricadesi nella denuncia sommessa di un asserito autoculto della personalità, quasi che la nota economista e docente e già municipale cimiteriale a Torricella-Taverne vesta panni alla Kim Jong-un; ed ecco, più che la falange proletaria del quarto Stato secondo l’immagine trasmessaci da Giuseppe Pelizza da Volpedo vengon qui in mente i ritornelli di Ricky Gianco alias Riccardo Sanna cantante e compositore, anno 1977, impegno coautorale con Gianfranco Manfredi, si parte dalla redazione del notiziario cambogiano per una radio libera e si finisce con il “Compagno sì, compagno no, compagno un…” valendo per i puntini ben cinque lettere solidamente descrittive. Poi: conteranno quel che conteranno, ma gli altri frammenti della Sinistra – tra di loro non dialoganti: non capiremo mai, e sempre in Ricky Gianco irrompe il “Lascia perdere compagno, è un problema troppo delicato” – sono tutt’altro che figli della serva, ed invece non trovano né amistà né adenzia né uno straccio di udienza.
Ecco la ragion sufficiente, e spendiamo nella circostanza quanto al cambio corrente equivale ad una mon(et)ade leibniziana, per dire che possono raccontarla come vogliono, ma socialisti e verdisti si illudono se credono di formare il “blocco rossoverde”. Anzi: occhio alle dispersioni, occhio a non tirare troppo la corda; quel che la politica ignora, per solito, el pueblo comprende. Magari lasciandosi permeare dal “linguaje de las passiones” prima d’essere parte attiva e di parlare “el linguaje de la razòn”, come due secoli addietro pretendeva il buon presbitero Jaime Balmes y Urpià; ma comprende.