Scenario numero uno, tutto secondo l’ordinario ovvero in presenza (che era poi il sistema sino a prima della pandemia da Covid-19); e non ci sarebbe molto da dirsi, le cattedre sono cattedre ed i banchi sono banchi e l’insegnamento è esattamente quello cui si ha diritto, ché le altre opzioni sono antitesi al concetto stesso di didattica. Scenario numero tre, tutto in solo telelavoro, frasi buttate là a distanza, assegnazioni di compiti a distanza, interrogazioni a distanza, pagine non ancora stampate perché in corso di ideazione e di produzione, si suggerirebbe di non buttar tempo ed inchiostro dalla finestra, ché Dio ci scampi da simile ipotesi di non-lavoro. Ma Dio ci scampi anche dal brividante scenario ibrido, che è invece quanto vogliono ammannire agli studenti ticinesi – e persino fingendo di credere che questa sia una soluzione ai problemi – i vertici del Dipartimento cantonale educazione-cultura-sport prefigurando i parametri ed i confini dell’anno scolastico 2020-2021 per quanto di loro competenza.
Un po’ dentro, un po’ fuori – Klar und laut: non si sa se entro la fine del mese prossimo il “Coronavirus” sarà stato debellato o ricondotto almeno nell’alveo della mera eventualità, e quindi gli allievi e le loro famiglie dovranno piegarsi al risibile sistema “misto” il cui “piano di protezione” – nel senso igienico-sanitario, si immagina; ma questo è anche un modo per proteggersi dal rischio di dover insegnare e di poter imparare – è stato diffuso stamane, quale modello “al quale ispirarsi” al fine di redigere in tempo utile altro “piano di protezione” pertinente al singolo istituto. Documento, quello inviato, che viaggia su binario parallelo al piano di apertura delle scuole, decorrenza lunedì 31 agosto, testo elaborato – così sostengono dopo consultazione nelle segrete stanze – tenendosi conto delle “numerose indicazioni raccolte durante la consultazione” svoltasi fra la metà di giugno e l’inizio di luglio; e sarebbe caruccio il poter conoscere quali e quante indicazioni eterodosse, rispetto a quelle funzionali al funzionario principe ed all’ideologia scolastica subsidente, siano entrate in linea di conto. Scommettiamo: poche, forse nessuna. Premesso dunque che sia il delapalissiano di “default” (“L’auspicio è poter svolgere l’anno scolastico secondo lo scenario numero uno, ma le decisioni verranno prese a mano a mano dal Consiglio di Stato a dipendenza dell’evoluzione dei dati inerenti alla pandemia”; da trofeo al Quadrangolare dell’ovvietà), v’è da riconoscersi l’essere tale “piano di protezione” una specie di scatola con i mattoncini “Lego”, cioè con quanto è essenziale; secondo specifiche situazioni logistiche dei singoli istituti, in pratica, gli adattamenti a cura dei responsabili delle direzioni scolastiche.
Giù la mascher(in)a – Niente obbligo di mascherine, da elementari a tutto il ciclo di superiori compresa la formazione duale, quando si sta sui banchi. Per i docenti, uso facoltativo nelle aule di insegnamento ed obbligatorio negli spazi condivisi (corridoi, sala docenti, ingresso della scuola, uscita dalla scuola); e questa è una novità adottata quale “conseguenza delle esperienze fatte in altri Cantoni della Svizzera, (Cantoni) nei quali sono stati registrati casi di contagio all’interno degli istituti scolastici”. Bella contraddizione rispetto a quanto urlato – e guai a pensarla in diversa forma, neh – al tempo in cui fu preteso il ritorno degli studenti alle sedi scolastiche, foss’anche per sei o sette giorni effettivi compreso “almeno un colloquio” con i docenti. Sentite un po’ che cosa ammettono ora i capi del Dipartimento cantonale educazione-cultura-sport: “Nella quasi totalità dei casi (riferimento a quanto avvenuto in altri Cantoni, ndr) il contagio è stato dovuto a insegnanti positivi al virus e si è espanso nel quadro degli incontri negli spazi comuni e nelle aule docenti”, ragion per cui “appare giudizioso il tenere conto di questi precedenti”. Fatti che, “se non gestiti adeguatamente, possono condurre alla chiusura della scuola ed alla quarantena per docenti e allievi”. Interessante, istruttivo, convincente: ma dov’erano, questi Soloni dall’improvvisa sollecitudine, quando almeno una parte della stampa chiedeva a gran voce che si evitasse un rischio inutile (traduzione: al Ticino è andata di lusso, sul ritorno in classe)?
Obbligo di quarantena – Un appello alla “responsabilità individuale” (sì, certo, come no…) viene rivolto a coloro che rientrano o giungono in Svizzera da Paesi in cui sia presente un rischio elevato di contagio da “Coronavirus”, secondo provvedimento in vigore da lunedì 6 luglio con lista di nazioni: sussste l’obbligo di quarantena decadale, l’aggiornamento dell’elenco è costante, vale il suggerimento ad evitare soggiorni in quegli stessi Paesi.
Burocrazia su burocrazia – Come se non fosse bastato il papirotto proposto con obiettivi panaceici ai tempi del primo rientro “soft” dal dramma coronavirale, sullo scenario numero tre – per il quale non c’è invero molto da sottoporsi ad esame – verrà infine prodotto un “documento complementare” sul quale far svolgere adeguata consultazione in agosto, sicché il “Visto si stampi” sarà dato per l’appunto entro la fine del mese. Ai docenti saranno trasmesse apposite “schede” con “indicazioni supplementari di carattere pedagogico-didattico”. Come se con le schede si riuscisse ad insegnare il modo per esercitare l’arte didattica a distanza, ossimoro nell’ossimoro, pensa tu.