Nel volgere di 20 anni, cioè a partire dal 2000, cinque casi accertati. E tutti in fascia bassa, categorizzati sì quali violazioni della personalità ma sempre in grado lieve o medio; nulla che abbia a che vedere con quanto colleghiamo abitualmente al “mobbing”, o al “bossing”, o alle molestie sessuali. Fatte le debite e necessarie proporzioni, dacché sul tema circolavano spifferi e sussurri tali da causare danni permanenti all’udito e parimenti dacché in sede opportuna (il “Sindacato svizzero dei media”, sezione Ticino) erano state raccolte 39 segnalazioni convogliate in 18 inchieste indipendenti, serenamente si può affermare che nei rapporti sia gerarchici sia extragerarchici tra dipendenti Rsi magari non tutto è sempre andato come ci si sarebbe augurati, ma che nel quadro generale siamo agli antipodi rispetto alla situazione, per dire, che venne denunciata alla Rts. In altre parole: pareva che dai costoni dei tristi siti di Comano e Besso (cit. Anonimo estensore dell’immarcescibile “Terrario”) dovessero piombare valanghe, alla fine si è rimasti con cinque palle di neve. Ghiacciata e che fa male, perché nulla è da trascurarsi e resta sacrosanto il diritto alla denuncia di un comportamento altrui che si giudichi irrispettoso per sé o per terze persone; ma ci si trova al limite del “Much ado for nothing” di scespiriana memoria, e non perché qualcosa sia stato fatto passare all’acqua bassa.
Ecco, qui sta il punto focale: su nulla si è sorvolato, e ad ogni aspetto – nessuna disparità di trattamento tra casi palesi e documentabili “a monte” da una parte e casi strutturalmente fumosi dall’altra – è stata dedicata equa attenzione. A dirlo sono i nomi dei soggetti dedicatisi all’accertamento della verità, a dirlo sono le cifre: per la gestione delle informative raccolte, istanza affidata all’avvocata Nora Jardini Croci Torti in Mendrisio; per la conduzione delle indagini su presunti autori o autrici di violazioni della personalità su colleghe e colleghi Rsi, istanza affidata al “pool” formato dagli avvocati Raffaella Martinelli Peter in Lugano, Stefano Fornara in Lugano, Giuseppe Donatiello in Ginevra eTanja Uboldi Ermani in Lugano. Proprio a Raffaella Martinelli Peter, stamane, il compito di presentare gli esiti dell’inchiesta che così riassumiamo: dopo prima valutazione di testimonianze, per l’appunto 18 i dipendenti o ex-dipendenti che hanno scelto di proseguire e dunque di far aprire un “dossier”; 129 le persone convocate tra segnalanti, segnalati e testimoni o soggetti, per così dire, “informati sui fatti”; doverosamente 18 i rapporti elaborati, per un totale di 602 pagine senza che si considerino i verbali redatti per ciascun incontro; computate 986 ore di lavoro, il che si tradurrebbe in 123 giorni pieni, dal momento che “per ogni caso esaminato sono stati richiesti in media tre mesi”, e ciò dovendosi “garantire il massimo rigore”. Dei risultati si è detto, tranne che per due particolari: gli episodi sono isolati, distinti, “non legati tra di loro”, e “riguardano situazioni specifiche derivantid a conflitti sul lavoro”, ma “non sono state riscontrate rilevanze sistemiche” né constano “indizi di problemi riguardanti l’azienda nel suo insieme”; inoltre, nel contesto di verifica della catena delle responsabilità, per un solo episodio è stato accertato che il problema sussisteva.
Non domandateci il “chi” e il “come”: non lo sappiamo, né alla Rsi ce lo racconteranno, insorgendo la solita questione pertinente alla protezione della sfera personale, et cetera (riprova: è già accaduto ed è stato detto questo proprio alla Rts, dove le cose stavano assai peggio); ci basti il sapere che sanzioni sono in arrivo “con misure proporzionali ai fatti accertati.