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Pareri sciolti / Maruska Ortelli: «Le riflessioni che si impongono»

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Dicevano, i padri della Lega dei Ticinesi, che l’essere leghisti era uno “stato d’animo”, nel senso proprio della condizione dello spirito. Si può dunque immaginare, oggi, lo stato d’animo della residua vecchia guardia, cioè di chi la Lega ha costruito, nel momento di una flessione qual è stata quella delle Cantonali 2019: c’è chi ha lasciato, c’è chi ha fatto finta di nulla, e c’è chi sceglie una terza via. Come Maruska Ortelli, 64 anni ad ottobre, storica presenza nel quartier generale di via Monte Boglia prima ancora che come consigliera comunale (è prima cittadina di Lugano) e granconsigliera.

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da Maruska Ortelli*
Prima di tutto, e soprattutto: un “grazie” di cuore a tutti i ticinesi che mi hanno sostenuto e che mi hanno votato alle Cantonali di due domeniche or sono. “Grazie” a ciascuno di loro. Non sono stata rieletta, pur con bel risultato (26’451 voti), a causa della perdita di due seggi leghisti nel Luganese. Accade. Quel risultato, il risultato ottenuto che coincide purtroppo con un risultato “non” ottenuto, induce a riflessione e, mi permetto di dire, deve fare riflettere i nostri consiglieri di Stato, i nostri municipali, i nostri consiglieri comunali e “in primis” i vertici del partito, quelli che sbrigativamente vengono definiti “colonnelli”. È una parola che non mi piace: ho vissuto la Lega dei Ticinesi da quand’essa era un abbozzo, un incontro tra sperimentatori, un semplice orecchio sensibile alle espressioni della quotidianità e che dal quotidiano – cioè dal vivere della gente – raccoglieva le sensazioni e le fatiche e le preoccupazioni; una Lega di pari, una Lega il cui programma veniva scritto cammin facendosi; non c’erano, lì, né santi né colonnelli. Ma lasciamo stare la nomenclatura che può sconfinare in altro genere di nomenclatura; dal risultato “non” ottenuto, dico, bisogna trarre qualche conclusione o almeno, stante l’immediatezza delle Federali di novembre e delle Comunai 2020, bisogna trarre la consapevolezza del fatto che qualcosa è da cambiarsi.

Non ho mai fatto mistero del mio essere contraria all’unione di lista con l’Udc per il Consiglio di Stato; questa è da anni la mia posizione, come del resto è la posizione espressa da una parte del nostro elettorato, quello che ha rinunciato a votare o che si è indirizzato sulla scheda bianca o sulla “non intestata”. Ci sono poi temi che ai ticinesi non sono piaciuti: la tassa sul sacco, la tassa sui posteggi ed il pasticcio della LIa non possono non entrare in linea di conto, qualora si intenda sul serio affrontare una serena autocritica. Ma poi, e faccio mente locale sulla mia esperienza diretta nelle istituzioni (dal 2008 in Consiglio comunale a Lugano, dal 2011 al 2019 in Gran Consiglio): mia priorità, anche perché essa coincide con la “mia” dimensione che è poi quella d’una Lega primigenia, è sempre stata il trovarmi vicino alla gente ed ai suoi problemi; e se associamo “gente” con “problemi” la nostra equazione porta ad individuare ed a dover ragionare prima di tutto sulle fasce fragili (non dirò “deboli”: semmai ravviso debolezza nelle politiche a sostegno di quanti si trovino in queste fasce). Fasce fragili: i giovani che oggi più che mai incontrano difficoltà al momento di inserirsi nel mondo del lavoro, gli anziani che rimangono disorientati nel cammino di ogni giorno soprattutto quando venga loro a mancare il compagno o la compagna di un’esistenza intera, le famiglie alle prese con problemi economici o che, pur disponendo di risorse adeguate, non posso permettersi uno “scatto” liberatorio quale è, per esempio, il passare dal vivere in affitto all’acquisto di un sia pur modesto appartamento, magari perché c’è il capitale proprio per l’avvio di un’ipoteca ma manca la certezza della sostenibilità nel medio e nel lungo termine, oppure per la situazione inversa.

Su questi terreni e su questi temi si diffondeva l’anima sociale leghista che mi è stata trasmessa da Giuliano Bignasca; un’anima che è ancora pulsante con l’identica tensione ideale. E, perché materia dell’oggi e dunque centrale nel dibattito sulla società che vogliamo, aggiungo la conciliabilità lavoro-famiglia sia per le donne sia per gli uomini, dal momento che nelle economie domestiche i doppi redditi sono spesso indispensabili anche per affrontare i costi di accesso a strutture educative e di garanzia (asili-nido, servizi extrascolastici, ed altro) in ogni regione del Cantone. Disponibilità dei servizi, sì, ma a condizioni di equità e di sostenibilità, incentivando le aziende e le imprese ad avere propri asili-nido (anche in forma consortile) nel pubblico, nel parapubblico e nel privato, e tenendosi conto anche della facoltà di offrire soluzioni “flessibili” e legate agli orari di lavoro.

Ecco, questo resta il mio auspicio: che i candidati eletti possano prendere in considerazione tali temi. Non perché li “raccomanda” Maruska Ortelli, una tra i tanti che hanno portato mattoni alla Lega del “Nano”, ma perché questo vuole il nostro elettorato.

*presidente del Consiglio comunale in Lugano