(ULTIMO AGGIORNAMENTO, ORE 23.58) Scarto dalla proporzione devastante, per gli sconfitti, dagli “exit-poll” delle elezioni generali svoltesi oggi nel Regno Unito: ai Conservatori, sulla scia del “premier” Alexander Boris de Pfeffel Johnson meglio noto quale Boris Johnson, una maggioranza al di là di qualsiasi possibile previsione. A prime indicazioni, 368 – ne sarebbero bastati 326: il sistema è uninominale a maggioritario secco per singolo collegio – i seggi conquistati dai Tory, mentre il Labour affidatosi alle posizioni “hard left” di Jeremy Corbyn si fermerebbe a quota 191, distanza siderale e tale da dover indurre ad un dibattito interno dal quale la figura del “leader”, in tale ruolo da nemmeno quattro anni e mezzo, rischia di risultare fortemente ridimensionata anche e soprattutto per l’errore strategico commesso, ossia il condurre una battaglia di tipo tradizionale contro un avversario che sui fondamentali godeva di superiore credito. Ridotti a presenza quasi irrilevante (13 seggi) i liberali-democratici; poderosa, per contro, la compagine dei secessionisti scozzesi, che si situano a 55 rappresentanti (su un potenziale di 59) nel Legislativo.
Boris Johnson ha celebrato la vittoria con un solido messaggio via “Twitter” (“Viviamo nella più grande democrazia del mondo”), mentre Jeremy Corbin – che, a queste cifre, rimedierebbe il peggior risultato per il Labour dal 1935 – si è limitato ad esprimere un ringraziamento ai sostenitori. Da oggi, nuovo scenario ed una conferma: la “Brexit” è ad un passo, ed una crepa in più si insinua nel muro dei sostenitori di un’Europa comunitaria dall’inevitabile centralità. In immagine, il “tweet” lanciato da Boris Johnson a commento del trionfo.