Home CRONACA Locarno, la vergogna: fatta sparire la targa in memoria di Damiano

Locarno, la vergogna: fatta sparire la targa in memoria di Damiano

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L’hanno assassinato: una volta con mani brutali, ed i nomi dei colpevoli rimangono iscritti nella cronaca e nella storia di questo Cantone, ed un’altra volta ora, tentando di cancellarne il ricordo. Alla memoria di Damiano Tamagni, al tempo 22enne, aggredito e colpito a morte a Locarno in una tragica notte di inizio febbraio 2008, era almeno stata dedicata una targa (oh, piccola, insignificante per dimensioni rispetto al dramma da cui la comunità fu sconvolta, quasi che già non si dovesse eccedere nel disturbo) sull’angolo di via Borghese, dove si compì la violenza dall’esito letale; ora quella targa è sparita, no, non spostata o sostituita, ma semplicemente eliminata. L’abbiamo scoperto qualche giorno fa ed abbiamo provato anche a porre domande, lì all’intorno, prima di comprendere che a nessuno importava nemmeno il fatto che a noi importasse. Ebbene, ci importa. Ci importa, eccome.

Ci è stato detto che lì, dove ben ricordiamo essere stato collocato il segno di una “pietas” collettiva, qualcuno ha eseguito lavori. Fino a qui, nulla che si possa contestare: tuo il muro, tue le opere di preservazione e di conservazione del decoro. Ci è però stato detto anche che della targa nessuno si è occupato; che è stata smarrita, ecco, una sera lì ed il mattino dopo no. “Smarrito” l’unico tributo a Damiano Tamagni, come se si trattasse di una cartolina che scivola fuori dal cassetto durante il trasloco, come se stessimo parlando di un mattone in esubero o di una pietra spezzatasi e dunque inservibile. E non solo: sempre ammessa l’ipotesi secondo cui qualcuno si sarebbe accorto della perdita, nemmeno lo sforzo di correre ai ripari con lo strumento della replica, esistono foto ed esisterà anche un disegno originale di quel pezzo di metallo tagliato e forgiato e zincato e brunito, a cura ed a premura del demolitore il procedere al ripristino della condizione precedente.

C’è però anche l’altra voce, un sussurro bastevole per diventare urlo allo scandalo. E l’altra voce racconta che, proprio sapendo dell’imminenza dei lavori sull’esterno dell’edificio, una mano ha approfittato del cantiere – o ha agito addirittura poco prima che esso venisse aperto – ed ha asportato la targa con atto volontario, un colpo di scalpello ben assestato e scompare il segno e via quel messaggio posto invece a testimonianza del dramma. Quel Tamagni, in fondo, roba del passato, chissà poi se ce l’hanno raccontata giusta, e poi vedi che in quella famiglia non sono tutti santi, sai, lo zio prete dalle frequentazioni sporche e dalle mani lunghe sui soldi. Non è elucubrazione, non è un dire per dire: sull’eco di fatti recenti e che sì, riguardano un consanguineo di Damiano, nelle fogne dei “social” si è trovato di tutto, comprese le mezze allusioni tese a riscrivere la cronaca con la pretesa di “contestualizzare”, sicché le condanne stesse sarebbero state non l’inevitabile esito di un omicidio, ma qualcosa di dettato dalla pressione pubblica e della stampa, come no. E qui il sospetto, a somma dell’uno che con altro uno fa due, si ingigantisce: montando (e smontandosi rapidamente, nel senso dell’avvenuto accertamento dei reati e della loro natura e del come e del quando e del perché) la vicenda che riguardò don Samuele Tamagni, e che è tutt’altra questione per di più allignante in tutt’altro contesto, l’autore o l’autrice dello strappo della targa avrebbe avuto una mezza certezza del fatto che nessuno, anche scoprendo l’assenza del simbolo memore, avrebbe reagito. E da che cosa tale mezza certezza? Dall’esistenza di una condizione parentale fra Damiano ed il precitato don Samuele, ecco. Il filo del ragionamento (aberrante, indegno, eppure da tenersi in considerazione): ora che sono travolti dal ciclone, ora che anzi il ciclone passa proprio attraverso l’identità del ceppo familiare e tra l’altro con gravi colpe di uno che era stato posto ai vertici della fondazione dedicata a Damiano Tamagni, chi mai solleverebbe un polverone?

Lo si fa, invece. E qui. Se la targa venne solo smarrita, si trovi magari il responsabile e gli si faccia almeno capire che le pietre della memoria sono destinate alla preservazione, non all’oblio; se la targa fu asportata con atto doloso, vergogna scenda sulla persona colpevole di un insulto alla storia di questo Cantone. In entrambi i casi, rapido sia l’atto riparativo: stante la circostanza, finalmente con un pannello visibile e chiaro, in tutto e per tutto con il riguardo che si deve a Damiano.