Sette licenziamenti nel breve che più breve non potrebbe essere, tra l’immediato e le 48 ore; due prepensionamenti a seguire. Se qualcuno cercava altre prove della crisi di un’editoria in cui le storiche testate muoiono una dopo l’altra (ultimo in ordine di tempo, il “Giornale del popolo”; nella seconda metà degli Anni ’80 il Ticino ebbe sino a sette quotidiani più un trisettimanale in contemporanea); se qualcuno era convinto del fatto che dopo la fragorosa chiusura del citato GdP – ed è storia di un anno fa; le insegne sull’edificio di via San Gottardo a Massagno vennero oscurate la settimana scorsa – l’emorragia fosse stata arrestata; se qualcuno era poi convinto della tesi secondo cui concentrazioni di risorse su sponde terze e progressiva rarefazione della concorrenza in inchiostro non avrebbero scalfito le opere vive della nave ammiraglia, rafforzandone anzi il ruolo e la centralità; se tutto questo ed altro era entrato in linea di considerazione, bene (o male), un messaggio senza appello è giunto questo pomeriggio dal quartier generale del “Corriere del Ticino”, dove qualcosa cambierà per forza di cose stante lo sfalcio degli organici. Sfalcio che i vertici della società editrice, nella persona di Fabio Soldati presidente del Consiglio di fondazione, pretendono non vada a detrimento della qualità dell’informazione, sicché vengono garantiti sia una miglior concentrazione “sugli approfondimenti dal territorio” sia il mantenimento di “tutte le sedi locali nei principali centri del Cantone”; ma qualcosa è per forza di cose destinato a cambiare nell’assetto, forse nella foliazione, forse nell’accorpamento di singoli blocchi (se vogliamo, sezioni o dorsi del quotidiano), forse nel reindirizzamento dei criteri all’interno dell’odierna “newsroom” e verso unità funzionalmente riordinate; per fare un esempio tra i viventi o sopravviventi, quel che muterà alla “Regione” sull’imminente azzeramento delle pagine dell’Economia causa riallocazione del giornalista responsabile alla redazione Cantone.
Non si nascondono dietro ad un dito, al “Corriere del Ticino”; e, infatti, parlano apertamente di ristrutturazione come tema primario affrontato nella riunione di ieri tra membri del Consiglio di amministrazione. L’inquadramento è poi tale da far capire che da anni il rapporto tra costi e benefici era sbilanciato e con rilevanti perdite di esercizio, almeno per quanto riguarda il quotidiano, stante in primo luogo il “drastico calo delle entrate pubblicitarie” che ha imposto di “fare i conti con la realtà”, realtà dalla quale deriva – tale l’interpretazione dell’editore – un’impossibilità effettiva di mantenere la struttura così come essa è. Nulla sarebbe stato lasciato al caso, in questo lungo periodo; nulla sarebbe rimasto nelle pagine dell’intentato, inoltre (“Per anni abbiamo attinto alle riserve, con l’obiettivo di rimanere al passo con i tempi, riducendo dove possibile i costi di gestione”); ma oggi, se non venisse praticato un altro foro nella cintura cioè non avesse luogo un’altra compressione dei costi, “sarebbe in discussione la sopravvivenza stessa del giornale”; il quale giornale, viene da pensare, da ben prima dell’addio alla concessionaria “Publicitas” (il cui autoaffondamento fu quasi contestuale, tra l’altro) trovava compensazione del “buco” di bilancio nelle solide attività del Centro stampa a Muzzano. Nove a casa, e pareva sulle prime che sarebbero state valutate le ipotesi di uscita volontaria con incentivo all’esodo, quand’invece risulta che la lista dei tagli sia stata preventivamente compilata e che stamane i licenziamenti siano stati comunicati (fonti sindacali affermano che nel gruppo compaiono due donne con bambini piccoli, due persone con problemi di salute ed un uomo con tre figli); risparmio effettivo stimabile nell’ordine del milione di franchi l’anno. Nulla viene detto circa i collaboratori esterni, dalla cui eventuale riduzione potrebbe derivare un recupero di risorse (o, più congruamente, un abbattimento del “deficit” di partita corrente) non marginale. Sostanzioso piano sociale promesso e sul piatto, “per chi volesse aderire” ed in modo da rendere “il meno dolorosa possibile l’interruzione del rapporto di lavoro”; a disposizione anche gli esperti di una società ticinese di “outplacement” per favorire la ricollocazione professionale.
Ma il colpo, e lo si valuta con qualche competenza di causa dispiacendoci primariamente per i colleghi che rimarranno a spasso, è duro e dovrebbe richiamare ad una lettura attenta della situazione anche quanti hanno l’abitudine di dare per scontata l’esistenza di una stampa libera e non disposta a fare sconti. Quella stessa stampa che, tra normative liberticide e diffidenza “strategica”, tutto sommato prova ancora a rimanere fedele ad un compito: informare, ed informare ignorando le pressioni, ed informare senza cedere al semplicismo dei dilettanti che, per ragioni extragiornalistiche e nell’indifferenza degli stessi amministratori delle aziende editoriali, troppo spesso conquistano attenzione – e prebende – su vari “media”. Perché questo, al di là della riduzione dell’organico, insegna la vicenda del “Corriere del Ticino”: dietro l’angolo c’è sempre il rischio di una desertificazione delle opportunità. A qualcuno può anche convenire, certo; ai cittadini, no di sicuro.