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L’editoriale / Può non piacere, non piace e non piacerà. Ma è il reale

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Non a tutti, tra i lettori, era piaciuta l’immagine della distesa di croci che “Il Giornale del Ticino” aveva pubblicato tempo addietro quale corredo iconografico alle avvisaglie della “seconda ondata” della pandemia da Covid-19. Non da tutti la foto era stata gradita, e non si discute circa la legittimità della reazione; ma quella parziale levata di scudi disse anche che non tutti avevano metabolizzato l’enormità di 351 vittime nella prima fase e che un rischio in analoga misura non si sarebbe più corso (comprensibile: secondo quanto era teorizzato da più fonti, un nuovo ciclo di infezioni da “Coronavirus” sarebbe “forse” giunto in Ticino, e soltanto “forse”, e ad ogni modo esso sarebbe stato “spalmato” sul medio periodo, e senza una cresta emergenziale a differenza di quanto era accaduto tra inverno e primavera). Dicasi anche che, per qualcuno, la questione era semplicemente da mettersi alle spalle; l’estate era del resto rientrata sotto specie non molto lontane dal pieno godimento delle libertà abituali, si andava, si veniva, e dopo premesse da abominio persino una fetta della stagione turistica era stata salvata, addirittura con picchi di affluenza che non venivano registrati nemmeno in coincidenza con i grandi eventi.

A nessuno piace il concepire uno scenario problematico; a nessuno piace l’accettarlo; per certi versi, nessuno è intimamente disposto ad accettarne l’esistenza in compiuta dimensione. Ciò non toglie che tale scenario sia da prefigurarsi e da tenersi in debita considerazione, se esistono elementi – non solo statistici – che inducano a suggerirlo almeno quale eventualità; e non sta ai cronisti l’edulcorare un fatto, perché un fatto è un fatto. Non sta ai cronisti l’agire da pompieri, così come non sta ai cronisti il caricare di tensione ciò che è drammatico di suo (ogni morte non naturale è un dramma; lo si vuol capire, o si è perso il senso di ciò che è lutto?). Ma se non si era capito che il “Coronavirus” stava riemergendo con totale brutalità (nei primi giorni, lo si riconosce, si sperava trattarsi di un semplice ritorno di fiamma); se non faceva correre un brivido sulla pelle l’incremento dei casi di positività; se non era una stilettata al cuore l’annuncio di un’altra vittima; se tutto questo non aveva senso alle nostre orecchie, ecco, capirete che esiste un problema. Forse di comunicazione, forse di linguaggio, forse di percezione; forse di messaggio. Non della sostanza: se scrivi “Mario è morto”, ebbene, Mario è morto, non qualcosa di approssimativamente simile o dissimile. Fa male, toglie il fiato e non per stupore; ma è.

Prepararsi al peggio, confidare nel meglio: questo appartiene alla nostra quotidianità. Sappiamo dell’approssimarsi dei vaccini, mai come in questi giorni i cittadini vanno a cercare informazioni su identità d’impresa quali “Pfizer”, “Moderna”, “AstraZeneca”, e mettiamo nel novero anche l’elveticissima “Molecular partners” che gode del cointeressamento progettuale della “Novartis”; questo è il certo, ma il certo di domani o di doman l’altro. Il nostro peggio è nell’oggi: 15 decessi nell’arco di 24 ore ci riportano a statistiche mai più viste da domenica 12 aprile, e già in quella circostanza si trattava di un triste primato toccato in precedenza solo martedì 31 marzo. Ricordate? Eravamo nel pieno del “tunnel”, e così non è ora; ma nel frattempo abbiamo già registrato circa tre volte il numero dei contagi constatati nella prima fase, e si tenga conto anche (per le cifre, altro pezzo in queste stesse pagine) della pericolosissima incidenza dei casi “profilati” – il profilo è dato dalle residenze per anziani – sul totale dei positivi in essere. Si ricordi, in ultimo, che questa seconda ondata sta spazzando persone in non tenera età e che erano state forse risparmiate nella prima fase; anche questa è testimonianza di quanto il virus stia infuriando.

Coraggio, dunque, ma senza cedere alle illusioni. E, per cortesia, se volete dar contro a qualcuno, scegliete obiettivi credibili; ad esempio, evitando quella parte della stampa che giorno dopo giorno sta solo facendo informazione nuda, senza regalare megafoni e nello stesso tempo senza scatenare guerre di religione o dibattiti in cui si trovino in quattro contro uno.