Domanda uno: a spiacere è la decisione in sé o la modalità con cui tale decisione è stata comunicata? Domanda due: al resto del Governo cantonale, che cosa cambia? Domanda tre: quali sarebbero le basi legali per un’obiezione? Tre gli interrogativi rimasti oggi in ruolo da convitati di pietra alla seduta – “Già pianificata” in funzione di temi prestabiliti, sottolineano fonti da Palazzo delle Orsoline – del Consiglio di Stato in quel di Bellinzona. Il tema, quello che da domenica mattina a questa parte, standosi al parere di taluni interessati perché così loro piacque benché l’interesse sia indimostrato in ragione dell’essere indimostrabile, in Ticino avrebbe incendiato (bum) ogni dibattito tra politici, ogni discussione al bancone del bar, ogni dialogo nelle camere da letto e persino qualche omelia dall’ambone alla santa Messa festiva: trattasi di bel nuovo dello scambio di ruoli e di impegni tra due membri dell’Esecutivo, Norman Gobbi annunciantesi partente dal Dipartimento cantonale istituzioni direzione Dipartimento cantonale territorio, e viceversa per quanto riguarda Claudio Zali. Scambio di competenze, non esattamente quello che s’intende come rivoluzione o come “golpe”, ecco.
Dicasi che la per nulla “vexata quaestio”, giacché qui non vi è tormento e non vi è preterita discussione, di straforo è entrata e solo in un frammento della seduta ha ricevuto attenzione: al centro dei lavori eravi infatti il Preventivo 2026, che per criterio di priorità prevale sette ad uno sulla questione delle seggiole. La “proposta di scambio” fra i due esponenti leghisti è stata ad ogni modo oggetto di discussione e, per quel che consta da un comunicato-stampa furbesco anche se sembra buttato là alla stracca, sarà trattata nel prima e nel poi: come da testo, “il Consiglio di Stato intende prendersi il tempo necessario per analizzare la questione” ossia “per approfondire la richiesta dei colleghi e per ponderare la (…) decisione nell’interesse delle istituzioni”, il che si traduce semmai nella sospensione del giudizio – un’idea avranno già, s’intenda – da parte di due degli altri membri del Governo ossia Christian Vitta liberal-radical e Raffaele De Rosa neocentrista giàp.
Ridondanza dopo ridondanza, e sarà un caso ma carta canta, dalla nota-stampa diffusa emergono sia una novità effettuale sia la preminenza di una contraddizione. La novità: a differenza di quanto era sembrato in un primo momento, dal momento che un po’ tutti abbiamo appreso dell’ipotesi dello scambio dalla prima pagina dell’ultimo “Mattino della domenica”, l’ipotesi dello scambio era già nota al resto del Consiglio di Stato, e forse non solo a questo; in sede di Governo – testuale – la “(…) richiesta era stata formulata, ma non ancora discussa”; ed infatti, per quanto taluno stia cercando di raccontarla in altro modo, “disappunto” è espresso dall’autorità politica cantonale solo sulle “modalità di comunicazione pubblica sull’argomento”. Curiosa la tesi secondo cui tale “disappunto” sarebbe espresso – così sempre nella nota-stampa, e qui si entra nel secondo punto – dal “Governo” in quanto tale; per la dantesca “contradizion che nol consente”, al massimo si tratta degli altri tre consiglieri di Stato. I quali sapevano, nel senso che erano stati messi al corrente delle intenzioni di Norman Gobbi e di Claudio Zali, per quanto sulla falsariga del “Ne riparleremo”; in che cosa, di preciso, starebbe il problema? Nel fatto che a prefigurare/configurare l’accadimento siano stati quelli del “Mattino della domenica”? Beh: ma sul “Mattino della domenica”, sia esso mero fiancheggiante la Lega dei Ticinesi (come sostiene il consigliere nazionale Lorenzo Quadri suo direttore) oppure organico ed anzi strettamente organico alla Lega dei Ticinesi stessa (come sostengono altre fonti di stampa), hanno semplicemente dato quel che sapevano. Detto senza infingimenti: ci avessero passato la notizia, anche solo come refolo, l’avremmo data qui, volentieri e prima di loro.
Realtà vuole che Norman Gobbi e Claudio Zali si siano scusati con i colleghi, “riconoscendo di aver anticipato i tempi dell’informazione in merito et cetera et cetera” e cioè a qualcosa che ai citati colleghi era nota. Realtà vuole anche che, su un comunicatino da due paragrafi più una riga, alla questione in sé sono state dedicate 34 parole per 255 caratteri in tutto, mentre l’aspetto del “disappunto” è stato sviscerato in 59 parole per 381 caratteri complessivi. E via: da queste bande o s’ha – il che è possibile – un Governo ed un Gran Consiglio di teneroni tanto tanto sensibili o s’hanno – il che è certo – millanta consigliori dall’ansia elettorale sempre in canna, e con la marcia eterodiretta sempre innestata.