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L’editoriale / Il docente è un porco (e si sapeva). Ma la colpa è sempre di “altri”

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Conferenza-stampa, stamane a Bellinzona, per un tardivissimo punto istituzionale sulla vicenda del direttore scolastico arrestato ed ora sotto accusa per atti sessuali con fanciulli, e cioè per aver intrattenuto relazioni sessualmente rilevanti con allieve. Canonica questione su cui noi tutti abbiamo domande da porci.

Dimissioni anziché calci – Del docente, che era da licenziarsi sui due piedi, sono semplicemente state accolte oggi le dimissioni; oh, quale delicatezza, quale tatto, quale tocco raffinato, benché le indagini di stampa abbiano ben chiarito (in talun caso, sia detto, con un eccesso; ma torneremo fra breve su tale aspetto) che nel contesto scolastico sia accaduto ciò che nemmeno può porsi e benché l’autorità politica cantonale, come riferito per l’appunto oggi, abbia potuto prendere visione di quanto figura nell’incarto in formazione sul tavolo del ministero pubblico; no, al docente non era nemmeno da concedersi la facoltà di “sfilarsi” evitando che sul suo percorso figuri la cacciata dal posto di lavoro, e per quella specifica causa (il verdetto in sede processuale dirà poi, ma le ammissioni del rapporto sessuale con un’allieva minorenne e degli strusciamenti con un’altra allieva minorenne sono agli atti). Ripetiamo: uguale l’esito, discutibile ed anzi esecrabile la gestione del “dossier”.

Lost in translation – A parere di Manuele Bertoli, direttore del Dipartimento cantonale educazione-cultura-sport, di solito i segni di disagio in tale materia ed in altre – si pensi al caso del giovane che aveva minacciato di scatenare l’inferno progettando una strage alla “Commercio” di Bellinzona – vengono colti e neutralizzati. Beh, qui non è accaduto, ed a palazzo non riescono a capacitarsi per l’esser venuto meno il flusso delle informazioni “sensibili” benché da docente, in altro istituto, lo stesso soggetto avesse infilato cose pertinenti al sesso in lezioni di ben altra materia (poi una scusa ed un accenno al fraintendimento si trovano sempre); in verità, si dovrebbe aggiungere, i segni non furono colti – benché palesi – nemmeno in altra e persino più grave vicenda al più alto livello dell’istituzione; discutibile resta l’espresso incoraggiamento a parlare ed a raccontare, non potendosi credere che, nella definizione del tessuto dei rapporti interni cioè tra persona e persona, una cosa seria qual è la scuola si fondi sulla delazione, sul chiacchiericcio, sul “Mi pare di aver sentito che…”. Eppure questo è stato raccomandato, e da parte di chi dovrebbe invece usare strumenti idonei per evitare che certi soggetti latori di certi comportamenti abbiano anche soltanto modo di accedere ad un’aula.

Dura lex sed Tex – Con virgolettato di sintesi, “alla scuola interessa il piano amministrativo, non quello penale”. L’espressione ci era sfuggita, a coglierla è stato un collega di “Liberatv.ch”, e di transenna lo si ringrazia. Staremo scherzando, vero? Alla scuola non può non interessare il piano penale; l’evidenza penale è quanto fissa un discrimine fra lecito ed illecito, se non proprio tra giusto ed ingiusto. Non è di sicuro questa la situazione, ma poniamo l’ipotesi secondo cui un altro docente di un altro istituto in altro luogo si ritrovi indiziato, e magari anche tradotto in carcere, per l’effetto di una serie di maldicenze (da qui il richiamo al dubbio sull’invito ad agire da delatori, attribuendosi al delatore medesimo una prevalenza di credibilità rispetto al necessario dubbio su quant’egli o ella venga a riferire); l’auspicato proscioglimento da ogni accusa sarebbe trattato come “res nullius” da parte di chi è attore e decisore nel sistema scolastico? Sul serio? Non siamo nel “Far West”, ma le leggi si rispettano, anche se per farle applicare può servire un Tex Willer.

Foglia non si muove senza controprove – Ascolti ascolti, e scopri che nessuno si assume responsabilità, ed invece qualcuno è colpevole. Colpevole: se non di complicità nell’aver fatto finta di nulla (“Non so se altri reati di natura penale saranno ipotizzati verso altri che, nella scuola, potevano sapere e non si sono fatti parti attive nell’informare” chi di dovere, Manuele Bertoli dixit), almeno nell’omesso controllo, nell’attività di puntuale verifica, nel porsi ciclicamente la domanda su un tema non ignorabile. Ha sostenuto Tiziana Zaninelli, trovandosi nella titolarità della Sezione insegnamento medio, che “certamente c’è stato un errore da parte della direzione della precedente sede scolastica”, cioè il luogo in cui d’un Gaio Giulio Cesare, anziché le gesta, erano magari celebrate le dicerie circa l’esser colui “marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti” (il virgolettato è nostro); se tale è la certezza, ci saranno stati anche provvedimenti; quali provvedimenti, però, non si sa, ed invero non si sa nemmeno se un provvedimento sia stato adottato. Sempre per voce di Tiziana Zaninelli risulta essere stato un errore l’aver utilizzato “Whatsapp”, dunque in forma di “chat” come s’usa dire oggidì, per le conversazioni fra docente ed allievi; ma qualcuno avrà ben proposto l’introduzione di tale strumento, o almeno avrà fornito un’autorizzazione, e nel dare l’“okay” si sarà anche posto una domanda una circa i rischi insiti in questa formula di dialogo, o no? E qui, quali provvedimenti, quali sanzioni, quali interventi? Nessuno?

Tutti insieme spassionatamente – Per la sede scolastica alla cui direzione era stato chiamato il 39enne viene o verrà istituito “un sistema di condirezione”; al che si sarebbe portati a pensare – suvvia, rinobilitiamo il latino così deprezzato e disprezzato dall'(ig)noto docente – alla modalità dei “bini consules” cioè dei consoli “in accoppiamento” a Roma sin dai primordi della fase repubblicana e dunque dopo la serie dei sette re. Due direttori? Macché: conduzione da mettersi nelle mani di “un gruppo di docenti”. Cioè: per guidare una scuola che oggi più che mai abbisogna di ordine e di una mano ferma viene scelta una modalità da kibbutz, gremio a più soggetti ed a più voci; non è il modo per riguadagnare credibilità, né all’interno dell’istituzione né agli occhi dei genitori degli allievi.

Voce dal sen fuggita – Il gruppo ridenominato “Consiglio di direzione” è formato da una docente interna – e ad alto livello nei quadri della scuola stessa; appena un gradino sotto il direttore, per essere precisi – e da un altro docente interno e da due altri collaboratori della direzione. Ora, per quanto molte voci siano circolate, la parte più responsabile della stampa ticinese ha fatto in modo che il nome del docente sessaiolo non uscisse – siamo sottoposti a vincoli di legge; a tale proposito la collega Claudia Rossi di “TeleTicino” ha scritto un “post” memorabile – e che rimanesse nascosta anche l’identità della scuola alla cui direzione il tizio era stato chiamato; poi salta fuori Tiziana Zaninelli che, parlando delle cooptazioni nel nuovo gruppo dirigente l’istituto, fa nome e cognome sia del docente di educazione fisica sia della vicedirettrice della scuola. Qualora qualcuno fosse rimasto all’oscuro, ecco, piatto servito. E poi sono costoro a chiedere alla stampa la discrezione, i “distinguo”, la trattazione in guanti bianchi; ma per favore.

Il peccato (è) originale – In ultimo: è stato fatto richiamo al codice deontologico, nel cui testo sono vietati i rapporti tra docente e minorenni e vengono indicate “come inopportune le relazioni tra docente ed allievo/a” anche se, nel caso degli allievi, si stia parlando di maggiorenni. Da non crederci: è stata posta in essere una norma, che tra l’altro – ed a quanto consta – viene serenamente disattesa, per ciò che qualunque adulto con un po’ di sale in zucca considera logico ed evenemenziale. Il solito relativismo che sguscia e si insinua nella quotidianità: prima sostituiscono l’ontologia – che su questo e su altri temi conduce ad una naturalissima e continua ecologia mentale – con la deontologia, e poi si lamentano se la deontologia non arriva a coprire tutto quel che interessa. Bravi.