Dicono di volere un consigliere nazionale. Dicono di volere un raddoppio delle forze innovatrici e riformiste in quel consesso, e con ciò almeno dichiarano una ricollocazione totale sulla sinistra dello scacchiere politico, dal che si deduce l’ennesima metamorfosi di una compagine giunta invece ai picchi del consenso quando coordinatore era Sergio Savoia e la formula si traduceva in un’affermazione di principio – non di bandiera; proprio per fedeltà ai fondamentali del movimento – sui temi di portata generale ed in una “medietas” tutt’altro che mediocre per quanto riguardava la politica del reale quotidiano. Dicono infine di essere aperti alle collaborazioni, ma al momento non si vede chi potrebbe portare mattoni, a parte quelli che hanno già aderito. Dicono; e, si sa, il dire non sempre si sposa con l’agire.
La domanda, purtroppo per loro, infatti s’impone: ragazzi, benissimo l’entusiasmo e benissimo anche l’affidarsi ai cavalli di ritorno, ma dove pensate di trovare i voti che vi mancano? Perché questo è il “busillis”: ad onta della pluririmbombata chiacchiera su un’onda ecologista che dovrebbe sconvolgere l’intero Continente, e che per il momento – evidenza Europee – ha squassato solo la Sinistra in Germania (20.8 per cento il riscontro, frantumata la Spd e dimissionaria la “leader” Andrea Nahles; capperi, quale regalo alle sorti magnifiche e progressive) e messo qualche radice nell’ondivago elettorato di Marianna (12.9 per cento) ed appena un popoino in quello del Belgio che in verità dimostrò di poter fare a meno di un Governo per 541 giorni ad inizio decennio, ed al di là delle rivendicazioni per il clima e dell’eventuale mobilitazione su singoli temi, lontanucci alquanto sono i “Verdi del Ticino” persino dall’imbocco del sentiero che dovrebbe condurli all’obiettivo dichiarato ieri in assemblea a Mendrisio, vale a dire un seggio alla Camera bassa nelle Federali di domenica 20 ottobre. Lontanucci alquanto: per portare a casa un consigliere nazionale serve almeno l’11.3 per cento dei consensi sul teorico 12.5 per cento (diciamo l’11.3 per cento perché tale quota, quattr’anni or sono, bastò all’Udc per garantire il seggio a Marco Chiesa), mentre il dato effettivo del 2015 si fissò al di sotto del quattro per cento; non a caso, per corroborare l’allenamento al salto triplo vengono chiamati in causa – cioè a portare borraccia e consensi – sia la “Sinistra alternativa” sia il “Forum alternativo” sia il Partito comunista. Solo di quest’ultimo, reduce dal raddoppio nel Legislativo cantonale con l’arrivo di Lea Ferrari a fianco di Massimiliano Arif Ay, si ha effettiva contezza circa il bacino elettorale supplementare, fermo restando il noto riscontro dell’“uno più uno” che non fa mai due; eppoi, le Cantonali sono altro dalle Federali. Anche se si va in congiunzione, come è dato, con il Partito socialista.
Vero è che c’è una certa gioia, in quella compagnia; e tale compagnia non si senta delusa nell’apprendere che da cotanto e consimile fervore furono pervasi mille altri ed in mille altri luoghi, diciamo or è una generazione abbondante, e che il loro impegno derivò tuttavia sul piano dell’applicabilità anziché su quello politico o, per quanti rimasero in contesto politico, con declinazione su altri e più appaganti fronti. Parliamo di nomi: Erika Frank, Jessica Bottinelli e Fabiano Cavadini, spendibili eccome ma non la quintessenza degli “Spitzenkandidaten”: ed in effetti rispunta – ricordate? Era già comparsa all’assemblea di metà novembre scorso in quel di Massagno – la figura di Greta Gysin, già granconsigliera poi partitasene verso la Svizzera interna anche in ragione della ricerca di un lavoro; Greta Gysin, che sarebbe persino pronta a tornare in Ticino da Zurigo (beh, grazie. È il minimo sindacale) qualora venisse eletta. Su di lei convergeranno in effetti le aspettative, sapendosi ad esempio che Fabiano Cavadini è ora copresidente nel Comitato cantonale (insieme con Usman Mirza Baig) e che fa parte anche del gruppo operativo (con Marco Noi, Giulia Petralli, Samantha Bourgoin e Matteo Buzzi, questi ultimi due anche coordinatori per il biennio a venire) mentre Erika Frank e Jessica Bottinelli godono per ora di un’esperienza istituzionale oggettivamente relativa. In attesa di eventi, ed anche di un patto formalmente sancito con i vertici del Partito socialista, sensazione sulla pelle: tra Ps e “Verdi del Ticino”, con la gestione “geometrica” delle alleanze (vedasi l’apparentamento del Partito comunista su questa ala anziché sull’altra), verrà promossa una strategia da finto dualismo fra Marina Carobbio Guscetti (uscente, ed in ricandidatura sia per il Nazionale sia per gli Stati) e Greta Gysin (aspirante entrante, e fors’anch’ella in duplice veste). È l’azzardo da coperta corta, e rischia di trasformarsi in “boomerang”. Ma perché togliere a qualcuno il gusto di tentare?