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Labbrata alle urne, trafitto sul finale il nodo intermodale locarnese

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52 mani che avrebbero potuto scrivere “sì”, ed invece hanno scritto “no”, corrispondono allo 0.085 per cento di 67’344 schede valide, al 2.099 per cento di 2’715 schede bianche, al 17.272 per cento di 330 schede nulle, allo 0.081 per cento di 70’389 schede giunte allo scrutinio ed ancora allo 0.025 per cento
in un contesto da micragnosa partecipazione al voto (31.33 per cento). Quelle 52 mani, numericamente il peso di una Bosco-Gurin o di una Campo ValleMaggia, hanno mandato oggi al macero un progettone da 16.6 milioni di franchi per la rigenerazione/riformulazione/ridefinizione o quel che fosse del nodo intermodale alla stazione Ffs di Muralto-Locarno, responso cantonale su oggetto locale per le note questioni, “referendum” messo sul piatto dai membri di un comitato ancoratosi dietro al messaggio “Salva viale Cattori” (viale Giuseppe Cattori, tratto di 80-90 metri in declivio a collegamento tra la propaggine di viale Stazione e viale Verbano a Muralto) e trascinato al giudizio finale sulla spinta di 9’779 firme valide: lo scarto ultimo è infatti pari a 102 voti, 33’723 i contrari al decreto legislativo, 33’621 i favorevoli. In metafora e senza che intendasi indicare una congruità fra l’oggi laico e l’ieri biblico, colpo di frombola del bimbetto Davide alla testa del filisteo gigante Golia, ché dalla parte del progetto stavano Cantone, Città di Locarno, Comune di Muralto e Cit inteso quale “Commissione intercomunale trasporti Locarnese-ValleMaggia”, oltre a Ffs, “Autopostale” e Fart (chiaramente “pro domo” le ultime tre realtà). Sul filo di lana l’esito, ma i referendisti hanno incominciato a credere nel colpo già alla prima sfornata attendibile di risultati da scrutinio: 50.31 per cento su 40 Comuni, 50.39 per cento dopo 51 Comuni, 51.02 per cento dopo 70 Comuni, addirittura 51.52 per cento dopo 84 Comuni; nel mezzo, la bocciatura da parte della maggioranza degli interessati diretti, cioé locarnesi (52.59) e muraltesi (61.48), ed a conti fatti si potrà anche dire che i cittadini di Muralto sono bastati per decidere su Muralto (scarto, più 220 schede – 589 contro 369 – a sostegno del “no”). Brivido finale: calo al 51.32 dopo 90 Comuni, margine ancora più ristretto dopo l’ufficialità del “sì” prevalente a Lugano (4’882 favorevoli e 4’479 contrari cioè “sì” al 52.15 per cento, differenza 403 schede) così come un “sì” era giunto nel frattempo da Massagno (547 contro 494, favorevole dunque al decreto il 52.55 per cento dei cittadini espressisi); ultimo ragguaglio a 99 Comuni, “no” al 50.70 per cento e responso affidato ad un lancio di dadi sul voto residuo dei soli bellinzonesi. 4’045 “sì”, dalla capitale, e 3’302 “no”; quello scarto di 743 schede è come un rigore battuto a tempo scaduto ed a porta vuota, chi fa i conti alla grossa si convince del ribaltone ed invece la palla fa carambola tra palo sinistro e palo destro e finisce fuori.

La curiosità porta a constatare che in nessun Comune si ha esatta coincidenza di responso locale con responso cantonale, cosa che statisticamente parlandosi sarebbe stata poco probabile, ma che in varie realtà è stato sfiorato l’“effetto Xerox”: Acquarossa, 50.00 per cento secco (159 “no”, 159 “sì”); Riva San Vitale, 50.20 per cento (253-251); Bioggio, 50.18 per cento (278-276); Cadenazzo, 50.14 per cento (185-184); Novazzano, addirittura 50.10 per cento (250-249) e siamo ai limiti della predizione. Il senso comune conduce invece a sostenere che da parte dei decretisti vi è stata un’esiziale sottovalutazione degli avversari, forse sulla falsariga del “Meno si dibatte prima del voto e meglio è”. Da Palazzo delle Orsoline fanno sapere che, “(…) come ampiamente chiarito nel corso della campagna di avvicinamento al voto” non è nemmeno da pensarsi una nuova ipotesi di lavoro, almeno nel breve periodo, ed anzi neanche nel medio termine. Qui nodo intermodale, a voi nodo gordiano.