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La domanda del giorno / Invasiva è la neofita. Anche in tempi “sospesi”

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Riscontro da ispezione involontaria in zona argine Maggia, landa locarnese: impressionanti le distese di terreno (non semplici macchie: parliamo di aree a manciate di metri quadrati) occupate dal poligono. Non nel senso dell’area per esercitazioni di tiro: trattasi infatti del “poligono del Giappone”, noto anche come “Reynoutria japonica”, una neofita invasiva del peggior tipo, a rapida crescita, con tendenza “a formare densi popolamenti monospecifici” e con “elevato potenziale di espansione a scapito della vegetazione indigena diversificata” (riportiamo dalla scheda elaborata in seno ad un gruppo di lavoro a tale scopo istituito ed operante); il tipo di presenza contro cui “la lotta (…) è impegnativa” tanto che per eliminare la pianta “non basta un unico trattamento o un trattamento a corto termine”, ed infatti sono descritte e pretese modalità di intervento in forma di lotta meccanica, lotta chimica ed impiego di prodotti fitosanitari. In altri e non lontani tempi saremmo stati martellati con l’elenco dei danni che il “poligono del Giappone” (al pari del “poligono di Sachalin”, del “poligono polispigato” e del “poligono ibrido”) causa alla biodiversità, alle infrastrutture, alla produttività agricola e persino al suolo; nell’epoca presente, invece, proprio non risulta.

Eppure. In forza delle caratteristiche sommariamente descritte, tale tipologia di intervento si sarebbe inserita a pieno titolo fra le attività da svolgersi anche durante il periodo critico da Covid-19, quantomeno per un sommario contenimento da eseguirsi secondo regole dell’arte. Al netto dell’aspetto specifico, su cui si potrebbe e dovrebbe discutere a lungo (non si troverebbe curiosa e bizzarra la voce secondo cui un giardiniere al soldo della Città di Locarno non sarebbe potuto rimanere in servizio durante la fase acuta dell’epidemia, ma avrebbe avuto modo di lavorare tranquillamente a casa propria tanto da rimettere a posto un giardino dalla rilevante estensione?), il ritorno all’opera nell’àmbito di cui trattasi è ora garantito. E dunque, da lunedì ci si mette di buzzo buono per eliminare un problema di cui, tra l’altro, cartelli quasi beffardi (vedasi foto ManBer-“Giornale del Ticino”) esposti lungo l’argine indicano il pericolo?

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