Uno spettro hockeystico si aggira da un capo all’altro del Ticino, ed è lo spettro del “play-out”. Per l’AmbrìPiotta, quasi certo prima ancora che stasera i leventinesi andassero a giro zero sul ghiaccio degli Zsc Lions; per il Lugano, possibile pur trovandosi i bianconeri ancora all’ottavo posto e cioè sopra la linea. Perché allora profilare destini funesti a Serge Pelletier ed alla pattuglia che egli intende dirigere, ahilui senza piena contropartita dalla squadra? Perché quel che si è visto stavolta a Friborgo, in una partita – decisiva – già vinta e poi persa, enuncia una fragilità di fondo del collettivo, fragilità che a questo punto del massimo torneo svizzero rischia di far implodere un progetto concepito con larghezza di vedute ed all’insegna del “Cambiamo tutto per tornare a vincere”. Che cosa si può infatti pensare di un collettivo che, andato sul 3-1 all’ultima pausa di un confronto diretto (erano settima contro ottava, ed a quel punto con un virtuale “più cinque” in graduatoria a favore dei luganesi), busca due goal in meno di tre minuti, poi viene scavalcato, e nel tentativo di rientrare in quota si spende con il “rover” ovvero l’uomo supplementare di movimento, facendosi infilare per altre due volte e ritrovandosi dunque a passare dal “più cinque” al “meno uno”, per di più mentre alle spalle risorge e risale il Berna di nuovo speranzoso? Che cosa si può immaginare? E come si fa a chiedere al tifoso di crederci ancora, come?
Cronache, alle brevi e quasi di mero tabellino, tal è l’evidenza data dalle piste. Circa l’AmbrìPiotta, che è condannato ma ancora rimane con un piede dentro per via dell’aritmetica, a 26 tiri contro 40 (otto contro 20 nel solo primo periodo) non si poteva immaginare destino migliore rispetto alla sconfitta onorevole; miracolistico dunque il vantaggio firmato da Elias Bianchi (7.31), miracolistica la resistenza sull’1-0 sino all’ultimo giro di lancette del periodo centrale, miracolistico anche il comportamento tenuto dopo aver subito il pareggio (39.04, Fredrik Pettersson in “power-play”); alla stretta finale, sorpasso in sigla (55.49) nel nome di Marco Pedretti, e sembra questa una nemesi a quanti ricordano che l’attaccante si rivelò proprio ad Ambrì e che i rapporti si incrinarono anche per una certa supponenza di qualche dirigente biancoblù, ed 1-3 definitivo da Maxim Noreau (eddai, un altro “ex”…) al 58.58 in beneficio della porta vuota. Morale: distanza di nove punti dalla linea, nulla di salvabile se non passandosi dalla porta di servizio. Quanto al Lugano, dinamica compresa e bisognevole ormai dei soli tassellini per statistica di merito e di demerito: lo 0-5 nell’ultima frazione rende inutile ogni commento. La sequenza delle reti, pertanto: 3.29, Linus Klasen (a cinque-contro-quattro), 1-0; 19.50, Alessio Bertaggia, 2-0; 30.48, Adrien Lauper, 2-1; 37.53, Julian Walker, 3-1; e qui qualcuno avrebbe tirato giù la serranda, arrendendosi all’apparentemente inevitabile. Davvero? Seguire: 42.01 e 44.45, Daniel Brodin, 3-3 con una sola situazione favorevole (“power-play” nell’occasione del secondo goal personale); 51.55, Sandro Schmid e sorpasso; indi Viktor Stalberg (58.27) e Matthias Rossi (59.26). Disastro, e di più.
I risultati – Berna-RapperswilJona Lakers 5-2; Davos-Scl Tigers 5-2; FriborgoGottéron-Lugano 6-3; ServetteGinevra-Zugo 3-1; Losanna-BielBienne 2-3; Zsc Lions-AmbrìPiotta 3-1.
La classifica – Zugo 87 punti; Zsc Lions 85; Davos 83; ServetteGinevra 80; BielBienne 72; Losanna 68; FriborgoGottéron 67; Lugano 66; Berna 63; Scl Tigers 59; AmbrìPiotta 57; RapperswilJona Lakers 50 (Zsc Lions, ServetteGinevra, BielBienne, Lugano, AmbrìPiotta, RapperswilJona Lakers una partita in più). In immagine (foto Sergio Brunetti-“Stockpix” per il “Giornale del Ticino”), un momento di Zsc Lions-AmbrìPiotta.