Nessun “veto” e nessuna forzatura, oggi da Berna, sui provvedimenti anti-“Coronavirus” adottati da Bellinzona e, per così dire, per alcuni aspetti situatisi oltre la soglia di quel che stava scritto nell’ordinanza federale. Tutt’uno stare sul filo, tutt’un voler evitare di definire “illegale” quel che giuridicamente sarebbe obiettabile (ma vediamo, neh, magari davanti ad un giudice, e ad ogni modo sarà discorso del poi e meglio ancora del poissimo) anche per via del fatto che nella stesura di quell’ordinanza non tutto era stato considerato, e che ad ogni modo in seno al Consiglio federale non tutti sono concordi sul da farsi. In apparenza assai conciliante Alain Berset, che di quell’Esecutivo è membro, durante la conferenza-stampa in cui molti hanno cercato di portarlo a sconfessare un funzionario stolidamente sbilanciatosi a sdottoreggiare su quei ticinesi cattivi ed impertinenti. Martin Dumermuth, in traduzione Martino l’Apallico secondo accezione breriana, avrà infatti anche i titoli ottenuti all’Uni ed esplicitati in medesima sede, ma avrebbe dovuto fare quel che spetta ad un salariato dello Stato: evitare di esprimersi, anche se sotto sollecitazione, in una materia nella quale l’unica parte “tecnica” spetta ai medici ed a quanti operano nel mondo sanitario, mentre tutto il resto è pertinenza della politica. Nell’interesse precipuo, qualora ciò non fosse stato compreso, della salute pubblica (quesito di passaggio: ma dov’è, e che cosa sta facendo in questo contesto, Ignazio Cassis consigliere federale ticinese?).