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Filo di nota / Si erano “fidati”. Ed ora se la prendono con il Ticino

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Suona incredibile lo stupore spuntato fresco fresco in parte dell’editoria quotidiana tricolore – con punte di vistosa (a tratti, sguaiata) irritazione in varie testate sul confine – alla notizia della “non riapertura” delle frontiere da parte elvetica sulla data di mercoledì 3 giugno. Incredibile per due ordini di ragioni: primo, tale automatismo (“Apriamo noi, quindi dovete aprire anche voi”, detta in sintesi) era stato partorito da Luigi Di Maio, ministro degli Affari esteri, e sin dal primo momento era giunto il “Non risulta” sia da Berna sia da Bellinzona; secondo, a montar panna è quella stessa stampa che nell’immediatezza dell’annuncio unilaterale si era adagiata – a tratti con toni encomiastici, e qui a bottega si era fatta osservare la curiosa adesione – sulla tesi di un singolo esponente politico assai abile nel promuoversi e nel rivendicare meriti. Che, come si suol dire, erano meriti insussistenti, tanto che il parlamentare medesimo aveva successivamente fatto una mezza marcia indietro sostenendo, in buona pratica, d’esser stato frainteso o non completamente compreso. Buon che di tale mutar d’accento e di pensiero non tutti si siano accorti, sicché le parole restano scolpite. E sì, teniamo via una copia del “file”: non sia mai che “ex post” intervenga la manina ripulitrice del misdetto…